L’Inghilterra furiosa con mister Roy

Si scende. E si sale sul carrello dei bolliti, verrebbe da dire. Ma dopo averlo visto risorgere – altro che Araba Fenice – almeno un paio di volte negli ultimi vent’anni, bisognerebbe andare cauti con Roy Hodgson. Con il cadavere dell’Inghilterra ancora caldo – stecchito da due soffi di geyser islandese – l’altra sera ha preso un foglio tra le mani e letto diligentemente le proprie dimissioni da commissario tecnico. Era già stato preparato in accordo con la FA, la potente e ricca federazione inglese? È stato un atto studiato a tavolino dallo stesso ct, nonostante il contratto fino al 2018?
Punti di domanda su quello che sembra essere davvero il canto del cigno del tecnico di Croydon che l’Inghilterra, nonostante il flop al Mondiale 2014 (eliminazione al primo turno) aveva confermato sulla propria panchina per tre milioni e mezzo di sterline all’anno, circa cinque in euro. Tanti. Troppi per più di qualcuno, anche se definire il collega dell’Islanda, lo svedese Lars Lagerbäck, un idraulico part time che umiliare mister Roy è soltanto una crudeltà da social network.
Hodgson ieri è tornato sotto il “fuoco amico” della stampa britannica: «Non so neppure perché sono qui di nuovo. Posso solo supporre che qualcuno debba stare in piedi e prendere i colpi di fionda e le frecce lanciate dalla critica dopo un insuccesso». Suppone bene, mister Roy. Nonostante abbia repentinamente rispolverato il copione da Ponzio Pilato, l’oramai ex ct è l’epicentro delle polemiche. «Non è stata una buona notte, per nessuno: non so ancora perché abbiamo perso», l’ammissione che getta benzina sulla delusione degli inglesi.
Tanto che Wayne Rooney, nel ruolo di capitano, ha dovuto leggere una nota dello spogliatoio per spazzare le ipotesi di un ammutinamento del Bounty: «Sottolineiamo di aver sempre sostenuto il nostro commissario tecnico fin dal momento delle convocazioni e ora comprendiamo le ragioni delle sue dimissioni. Abbiamo avuto una fede assoluta nella sue scelte tattiche per tutto il torneo».
Il dubbio che una nazionale obiettivamente dotata di talento – seppur gonfiato dal marketing della Premier League, un ormone della crescita calcistica capace di gonfiare anche degli onesti torelli – abbia fallito per colpa di un vecchio rintronato attraversa il web.
L’immagine di Hodgson che in panchina parla rivolto al proprio vice senza accorgersi che l’interlocutore non c’è più è quella dell’Inghilterra sconfitta ed eliminata. Bollito? O forse mister Roy era così anche all’Inter? O all’Udinese, 15 anni fa, tra una partita a golf e un allenamento, prima di essere sostituito da Giampiero Ventura, suo coetaneo, tra un po’ ct dell’Italia?
In definitiva 68 anni possono non essere tanti per un allenatore. Ma Hodgson pare davvero a fine corsa. È vecchio come il suo calcio. Per svoltare dalle sue parti vorrebbero puntere ancora sul Made in UK: in prima fila c’è l’ex Liverpool Brendan Rodgers, alle sue spalle il ct dell’Under 21 Gareth Southgate e Gary Neville, reduce da un’avvertura amara al Valencia. Poca cosa. Tanto che i bookmaker mettono in lista anche Claudio Ranieri e i tabloid Gianni De Biasi.
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