Lombardi e Zorzi, leggende della palla a spicchi che fu
Storia di due delle figure fondanti del boom cestistico triveneto

Prosegue il” tutorial” per le nuove generazioni riguardo alle figure fondanti del boom cestistico triveneto; c’è spazio anche per grandi ex giocatori.
Gianfranco “Dado” Lombardi, livornese classe 1941, già splendido cannoniere alle prime Olimpiadi di era moderna in Roma 1960, ha dispensato il suo sapere nella seconda vita in panchina, tra le numerose altre, nelle piazze di Pordenone, Trieste, Verona e Treviso.
L’impronta nella città giuliana rimane a tutt’oggi indelebile, ben al di là delle due pur eclatanti promozioni in A1 (1980 e 1982): una Trieste da sempre votata al calcistico rosso-alabardato diventò ufficialmente cestofila seguendo le gesta Hurlingham, immersa in un sacro fuoco che tutt’ora non accenna ad attenuarsi. Istrionico e arringa folle a dir poco (da imperitura memoria le reprimende al malcapitato che subiva il cambio punitivo), il nostro Dado ha proposto in carriera squadre di mentalità difensiva, virtù che mai aveva esplorato così pervicacemente da atleta.
Ha saputo condurre con eguale maestria manipoli di semi dopolavoristi e team composti da campioni affermati, traendone sempre il meglio. Cultore della tattica e degli adattamenti difensivi, ossessionato dalla scaramanzia, sapiente gestore delle squadre esperte, per cui organizzava allenamenti ad hoc. Ciononostante senza esitazione ha saputo lanciare un giovanissimo Pozzecco nelle sue proverbiali rotazioni a 6/7 giocatori, impensabili nella pallacanestro moderna.
La pluricentenaria storia della pallacanestro in laguna ha ovviamente molti padri, ma nulla sarebbe come ora se non avesse incrociato per ben 12 anni complessivi l’operato di Tonino Zorzi, per tutti il “Paron”.
Goriziano del 1935, dopo aver mietuto successi in Lombardia come giocatore, dal 1971 alla sua terza esperienza come capo allenatore si lega ad una Reyer ancora a presidio del fortino Misericordia, firmando in proprio i migliori risultati dell’era pre-Brugnaro (4°/5° posto in Serie A, oltre alla finale di Coppa Korac dei rimpianti alla testa dell’ingestibile accoppiata Haywood/Dalipagic). Depositario di un passing game di letture che ha fatto scuola ad un’intera generazione, le sue squadre proponevano velocità di esecuzione uniche per i tempi che furono. Tonino si poteva considerare un istruttore, predilezione mai banale e non comune. Ha navigato tutti i mari cestistici, dalla Serie A alle minors, passando per l’assistentato in Nazionale e nei club, emanando contagiosamente energia e passione per la materia.
Teorico del “…. Lo go lancia’ mi….”, riferendosi a giocatori nonché collaboratori. E il giochino parrebbe essergli riuscito bene, se i vari Messina, Vitucci, Caja anche in versione Over 60 appaiono tuttora come riferimenti ai vertici del basket italiano! —
Riproduzione riservata © Il Piccolo