Maurizio Lombardo: «Stile Juve, ovvero la ricerca del meglio»

Parla il giovane dirigente triestino, partito dall’Unione e ora segretario generale dell’area sportiva dei campioni d’Italia
Maurizio Lombardo ed Ezio Peruzzo
Maurizio Lombardo ed Ezio Peruzzo

TRIESTE. Da ragazzo, e finchè gli studi (laurea in Scienze statistiche) lo hanno permesso, giocava nel Ponziana. Oggi, a soli quarantun anni, è il segretario generale dell’area sportiva della Juventus, società dove è arrivato nel 2011 dopo essere passato per la Triestina (segretario del settore giovanile nell’era Berti: «un grande presidente, un grandissimo uomo») e il Brescia (segretario generale per ben sette stagioni). Maurizio Lombardo è tornato per poche ore a casa, nella sua Trieste, in occasione della presentazione, avvenuta ieri, del progetto academy della Juventus che vede come partner per il Friuli Venezia Giulia il San Luigi del presidente Ezio Peruzzo.

«Sì, è vero sono segretario generale ma in realtà in questo mestiere e in una società come la Juventus non ci si può mai considerare “arrivati”: lo stimolo a crescere, a migliorarsi costantemente è straordinario, direi che fa parte di quello che viene identificato come “stile Juve”» confida Lombardo mentre non sono pochi gli amici e i tifosi che si fanno fare una fotografia assieme a lui a margine della presentazione ufficiale dell’accordo che proietta il San Luigi nell’orbita bianconera.

E spiega ancora, Lombardo (che dopo quattro anni a Torino inizia a denunciare un piccolo - ma percettibilissimo... - accento piemontese): «Lavorare alla Juventus significa lavorare con un presidente e un amministratore delegato di altissimo livello in un ambiente nel quale respiri la forza dell’esperienza e della tradizione e al tempo stesso la ricerca continua del “di più”. Del resto, è il grande insegnamento del calcio, ma direi di tutto lo sport: anche se hai appena vinto una partita importantissima, devi già pensare alla prossima e a giocare sempre meglio. Avviene per i giocatori in campo, ma avviene anche per lo staff negli uffici».

Ecco allora la Juventus che è stata la prima società italiana ad avere lo stadio di proprietà, la Juventus che ha creato il museo dedicato alla propria storia, la Juventus che ha avviato un modo tutto nuovo di rapportarsi con i propri tifosi. «E la Juventus, anche, che è la prima società europea ad aver aperto nel proprio centro sportivo un liceo parificato per i propri studenti calciatori - aggiunge il segretario generale bianconero -. Questo perché vogliamo investire continuamente in nuove idee. E in questo modo spesso si riesce a essere anche i primi: perché, come ho appena detto, si deve sempre pensare alla prossima partita. E a vincerla».

Anche perché lavorare per la Juventus significa lavorare per la squadra più amata dagli italiani... «...ma anche, al tempo stesso, la più odiata - scherza Maurizio -. Piuttosto, nella passata stagione la cosa importante è stato essere riusciti a primeggiare anche in Europa. Un grandissimo, ulteriore stimolo». Non ci sono però solo i campioni della squadra allenata da Massimiliano Allegri. «Il nostro settore giovanile conta circa 350 ragazzi, siamo cresciuti tantissimo e adesso puntiamo molto anche sull’attività di base. Senza dimenticare che ora le nuove norme federali prevedono per le squadre professionistiche di avere anche squadre giovanili femminili, un settore peraltro molto interessante e con una grandissima audience all’estero».

Maurizio Lombardo è però triestino e con la Triestina ha iniziato la sua avventura professionale. Alla Triestina ci pensa ancora? «Ci penso, ci penso, come non potrei? Cosa volete, io ho avuto la fortuna di lavorare con il presidente Berti, un ambiente molto serio e altamente professionale: non è un caso se quella Triestina arrivò anche a un passo dalla serie A! A Trieste c’è un pubblico che segue con passione la squadra, a Trieste c’è uno stadio che mezza e più Italia può invidiare: sembra perfino impossibile che non si riesca a uscire da questo tunnel nel quale il calcio in città è finito. E allora il mio augurio è che la Triestina possa vivere la medesima parabola che ha vissuto il basket, tornando a imporsi alla grande dopo qualche stagione di oblio. E poi, io ci tengono in maniera particolare: non solo perché sono triestino, ma anche perché a Trieste, al “Rocco”, ho vinto il mio primo scudetto con la Juventus

GuidoBarella

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