Nicholas Brezzi Villi, da Barcola ad Auckland: «Io grinder di Luna Rossa»

TRIESTE. Luna Rossa Prada Pirelli Team ha fatto dell’essere squadra un aspetto vincente.
Tutti i membri di un gruppo così ampio (si tratta di circa 120 persone) hanno un ruolo nell’aver condotto l’AC75 alla conquista della Prada Cup. Chi però ha veramente sudato a bordo si è ritagliato anche la veste del protagonista.
Nicholas Brezzi Villi, classe 1993 è uno dei grinder di Luna Rossa. In barca con mamma e papà fin da piccolissimo, optimista per la LNI, a sedici anni Nicholas passa al canottaggio con il Saturnia.
L’anno dopo riesce già a vincere l’Europeo e poi a qualificare la barca per il mondiale.
Fino al 2016 la sua vita è divisa tra lo studio – un’infanzia alla Scuola Internazionale, il diploma al Galilei e la laurea in Storia e Filosofia – e gli allenamenti, per poi lasciare l’agonismo e approdare alla vela d’altura come tesserato della Barcola Grignano.
«Vedere il gran pavese issato sia al Saturnia sia a Barcola è stata per me un’emozione indescrivibile che mai avrei pensato di provare» sono le prime parole di Brezzi Villi davanti alle foto dell’onore che gli hanno tributato le due società dirimpettaie.
Ma sfatiamo subito un mito: quello del grinder che “gira solo le maniglie”.
«Indubbiamente tanti la pensano così, ma appunto è un falso mito. L’AC75 è talmente complesso che ciascuno di noi pur dovendo “dare forza” alla barca ha anche una serie di compiti di controllo durante la regata. La nostra vita si svolge in palestra, ma pure all’interno di un dipartimento per comprendere la genesi dei sistemi ed essere così un occhio vigile in mare. Ciascuno di noi deve saper avvisare il gommone in caso di avaria, fare una primissima diagnosi dell’eventuale problema e dire cosa serve per una rapida riparazione. Io lavoro tanto con l’idraulica e questi anni mi hanno aperto un mondo grazie al fatto di aver avuto la possibilità di fare un’esperienza intensa e di altissimo livello»
La regata quindi è molto difficile vederla nella sua evoluzione agonistica.
«Ammetto che certe volte torno a casa e mi dico “Oh adesso mi guardo le prove di oggi”» sorride Nicholas «L’aerodinamicità molto spinta dello scafo ci limita la visuale. Io ad esempio riesco a vedere con la coda dell’occhio ciò che accade quando navighiamo a mure sinistre, ma mi è sostanzialmente impossibile avere una visione di ciò che succede sull’altro bordo. Ognuno di noi ha poi un ruolo talmente fondamentale per portare a termine regate perfette che è impossibile pensare di godersi lo spettacolo»
Riuscite però a capire ciò che accade grazie all’interfono
«Quello che si sente durante le dirette è una piccola parte della comunicazione di bordo. Anche su questo aspetto abbiamo dovuto lavorare molto in allenamento. Tutti abbiamo le cuffie, solo alcuni membri dell’equipaggio hanno il microfono, ma hanno dovuto imparare a centellinarlo e a scegliere i momenti in cui parlare per non interferire in un flusso di comunicazione rapido e molto denso»
Come sei entrato in questo team di altissimo livello?
«È stato il mio più bel regalo di compleanno quando il 20 gennaio 2018 ho ricevuto la chiamata di Pietro Sibello, responsabile anche del progetto New Generation, per invitarmi a fare dei test a Cagliari. Ho partecipato alla selezione tentando di far emergere le mie qualità fisiche, tecniche e umane. Quest’ultimo aspetto non è banale perché abbiamo vissuto per tre anni a strettissimo contatto e riuscire a creare un gruppo unito così come siamo noi oggi è bravura, non solo fortuna. Ho capito di avercela fatta quando Max Sirena mi ha chiesto se ero disposto a mettere su 10-12kg. Mi sono trasferito a Cagliari vivendo con Matteo Celon, che è diventato ormai mio fratello e mi ha aiutato a crescere»
Cos’hai imparato in questi anni?
«Dal punto di vista velico non sapevo nulla di match race, da quello tecnico di foiling. Mi sono appassionato all’idraulica, ma prima di tutto ho imparato quanto sia intenso lavorare in gruppo per un obiettivo così ambizioso»
Il futuro più prossimo, cioè la sfida a New Zealand, come lo vedi?
«Questa è una domanda complicata. È difficile resettare la testa, ma siamo chiamati a farlo. La barca sarà in hangar per le manutenzioni un paio di giorni e poi torneremo in mare per gli allenamenti di rifinitura. Ci vogliono umiltà e dedizione. Dalla vittoria alla Prada Cup abbiamo anche compreso in maniera evidente che responsabilità abbiamo nel farvi svegliare prima dell’alba».
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