NON È PIÙ IL TEMPO PER I REDUCI
di STEFANO TAMBURINI
Stavano ancora volando al contrario sulla rotta dei desideri, prigionieri di una cappa di rimpianti e pensieri tristi. Negli occhi ancora il gol di Godin, quel senso di impotenza finale, i tre fischi dell’arbitro. Una sorta di assedio dei brutti pensieri che a un certo punto è stato spezzato da Andrea Pirlo, campione del mondo del 2006, lo stesso che appena il giorno prima aveva salutato i compagni con un ultimo, toccante, discorso nello spogliatoio di Natal. Forse sarà stato per le pressioni gentili del vicepresidente Demetrio Albertini ed ecco che arriva l’ultimo slancio: «Se il nuovo ct vorrà, sono disposto a restare». Una frase così, va accolta con un grande applauso e un ideale abbraccio, perché è l’ennesimo atto di generosità, peraltro di chi non ha più niente da dimostrare. Ma a Pirlo non è giusto chiedere altro, se non di partecipare a un’amichevole celebrativa. Per lui e per gli altri campioni del mondo che sono rimasti in attività, anche per il capitano Gigi Buffon. E dopo, chiunque sia il ct, voltare pagina. Completamente. All’orizzonte non ci sono solo gli Europei 2016: il girone azzurro di qualificazione (con Croazia, Norvegia, Bulgaria, Malta e Azerbaigian) prevede la qualificazione delle prime due e della miglior terza con le altre che andranno agli spareggi. Per quanto possa esser messo male il calcio italiano, non può certo aver paura di queste rivali. E quindi il mirino va spostato molto più avanti, sul Mondiale 2018, dove un terzo fallimento potrebbe davvero rappresentare la fine di un’era geologica. I giovani da far maturare ci sono. Due nomi su tutti: Darmian e Verratti. E poi il portiere Sirigu, Immobile, Pepito Rossi che non è certo a fine corsa. La serie A e gli altri campionati che ospiteranno i nostri migliori giocatori offriranno senz’altro gli spunti giusti per cominciare a gettare le basi di un nuovo futuro. I grandi vecchi di oggi fra quattro anni saranno sicuramente pensionati o pensionabili, la loro presenza adesso rischierebbe di costituire un alibi per la “non crescita”. Congedarli – con tutti gli onori, ovviamente – eviterebbe poi di perpetrare l’equivoco di due generazioni che, come si è appena visto in Brasile, difficilmente riescono a dialogare. Può sembrare doloroso, e anche ingeneroso, ma è il meglio, anzi il bene, per tutti.
@s__tamburini
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo








