«Occhio a Nibali vuole la doppietta con Giro e Tour»

Dieci edizioni del Giro d’Italia in sella, con la prossima saranno addirittura tredici da commentatore. L’esperienza non manca, a Silvio Martinello, seconda voce della Rai per il grande ciclismo. Campione olimpico e cinque volte campione mondiale della pista, al Giro è stato una delle ruote più veloci del gruppo, con due successi di tappa (a Castelfranco Veneto nel 1991 e ad Atene nel 1996) e diversi altri successi, ovviamente sempre servendo la “specialità della casa”, vale a dire la volata: dalla Vuelta nel 1990 alla Tirreno-Adriatico e al Giro del Trentino nel 1991; dalla Tre Giorni di La Panne nel 1992 al Giro di Puglia (del quale si aggiudicò anche la classifica generale), alla Settimana Catalana e alla Vuelta alla Galicia nel 1997 e tante altre ancora. Ma è in pista che Martinello si tolse le soddisfazioni più grosse, trionfando in decine di Sei Giorni, con gli acuti più importanti ai Mondiali di Bassano del Grappa 1985, Bogotà 1995 (americana e corsa a punti), Manchester 1996 e Perth 1997. Fino al successo più importante, quello della corsa a punti dei Giochi olimpici di Atlanta 1996.
Subentrato a Davide Cassani dopo diversi anni di “gavetta” anche al seguito del ciclismo “minore”, il 53enne padovano si è fatto subito apprezzare. E anche in questa nostra intervista conferma tutte le sue qualità, fornendoci una chiave di lettura non banale del momento del ciclista più atteso, Vincenzo Nibali.
Martinello, è stato difficile raccogliere l’eredità di Cassani?
«Davide ha tracciato una strada, impostando un lavoro che prima di lui era stato svolto con superficialità. Prima di subentragli al fianco di Francesco Pancani, ho lavorato per anni assieme a lui, imparando tantissimo. Ovviamente abbiamo stili diversi, fare il commentatore vuol dire anche prendere posizione, opinioni che possono anche non essere condivisibili».
Punta magari a subentrargli, un domani, anche come ct?
«Io ho già fatto un’esperienza in Federciclismo come direttore tecnico, ho toccato con mano quanto è complicato, credo di non essere adeguato a ruoli politici. Quello di ct è diverso, non è tra le mie principali aspirazioni ma non lo escluderei. Davide ambiva a quel ruolo, è stato molto coraggioso ad assumerlo lasciando una posizione come quella che aveva raggiunto in Rai».
Senta, veniamo al Giro dItalia: sul podio tutti mettono Nibali, Landa e Valverde? È d’accordo?
«Sono sicuramente tra i corridori maggiormente accreditati per la vittoria, ma io non dimenticherei Dumoulin della Giant Alpecin e Chaves della Orica Green Edge, grandi protagonisti alla Vuelta del 2015. Nel conto metterei almeno anche loro due».
Ci indichi la possibile sorpresa di questa Corsa Rosa.
«È molto complicato, nelle corse a tappe del ciclismo moderno. Con il livellamento verso l’alto e il tatticismo sfrenato che ci sono, serve davvero un grandissimo coraggio per sovvertire i pronostici. Come quello di Chiappucci al Tour de France del ’90, per intenderci, quando prese 10’ di vantaggio attaccando in una tappa di pianura e sfiorò il colpaccio ai danni di Lemond».
Il cast dei velocisti non è niente male...
«Direi proprio di no: con Kittel, Greipel, Viviani, Nizzolo e tutti gli altri ci sarà da divertirsi».
Torniamo alla classifica generale: cosa dice della marcia di avvicinamento a questo Giro di Nibali, un po’ a fari spenti?
«Vincenzo è un corridore molto esperto, al Giro del Trentino aveva le gambe ingolfate dal grande lavoro di preparazione. Nel 2014, prima di vincere il Tour de France, al Delfinato le prese da tutti, bisogna dargli fiducia».
È “indietro” con la condizione perché in realtà punta all’accoppiata Giro-Tour?
«So che vuole andare anche al Tour e non per assistere Aru, bensì per fare la doppietta. È difficile, ma Nibali è uno dei pochi che può ambirvi. E non bisogna dimenticare che quest’anno punta anche alle Olimpiadi».
Quindi è d’accordo con noi: Aru e Nibali, assieme all’Astana, finiscono per pestarsi i piedi?
«La condivisione della stessa maglia è casuale, Aru ha bruciato tutte le tappe, adesso la loro presenza nella stessa squadra può diventare penalizzante, è chiaro che l’anno prossimo si divideranno».
Veniamo al percorso: quale tappa dobbiamo segnarci?
«Quella da non perdere, sulla carta, è il tappone dolomitico di Corvara, è suggestione pura. Ma la storia del Giro c’insegna che potrebbe anche riservarci una delusione, sotto l’aspetto della lotta per la classifica generale. La Corsa Rosa si può vincere o perdere tutti i giorni».
Biciclette “a motore”: non le sembra una cosa impossibile?
«Non metto la mano sul fuoco sul fatto che qualcuno non l’abbia usata in passato, ma sarebbe una cosa ancora più devastante del doping, per tutto l’ambiente, assolutamente ingiustificabile. Mi auguro davvero che nessuno sia tentato di farlo, soprattutto tra i big».
Freni a disco sì o no?
«Sì, per l’efficacia, ma bisogna introdurli fronteggiando in modo serio l’aspetto della sicurezza in occasione delle cadute e degli incidenti».
Tornando al Giro, parliamo della “sua” Rai: squadra che vince non si cambia?
«In realtà una variazione alla formazione della Rai ci sarà: Max Lelli non è stato confermato, al suo posto sulla seconda moto di sarà un giornalista, Gianfranco Benincasa. Per il resto tutto immutato: io affiancherò Francesco Pancani all’arrivo, De Luca sarà sulla prima moto in corsa, gli altri due commentatori saranno Stefano Garzelli e Beppe Conti, Alessandra De Stefano condurrà come di consueto il Processo alla tappa, per il quale credo sia stato studiato un format ancora più accattivante».
E allora, buon Giro.
@mauridigiangiac
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