Pesaro, una trasferta per rispondere a mille domande

Aspettando la ripresa all’inglese della Triestina, tre partite in sei giorni dopo la lunga pausa natalizia, ancora spazio all’arancia che salta tra i canestri e che fra Natale, Capodanno e la Befana fa invece gli straordinari. Sono quasi più curioso di vedere Pesaro-Trieste in tv che Checco Zalone al cinema. E spero comunque di ridere più con Tolo Tolo che non con il basket…

Ma alla prima richiesta dell’anno nuovo, la Palla mi risponde con un’ironica citazione (credo scopiazzata da Mark Twain): «È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro». Nel caso dell’Allianz però non posso non essere d’accordo. Ci fidiamo dopo la bella vittoria contro la Fortitudo? È veramente alle spalle il periodo nero? È questa la vera faccia della nostra squadra? Non sarà stato solo un fuoco di paglia?

Non a caso timoniere1 e timoniere2 in settimana hanno fatto dichiarazioni in perfetta sintonia, del tipo «… stiamo coi piedi per terra, non abbiamo ancora conquistato nulla, aspettiamo Pesaro, sarà la nostra cartina di tornasole…». E come dar loro torto? Noi aggiungiamo qualche domanda ancora. È tornata l’armonia all’interno di uno spogliatoio che sino a qualche giorno fa sembrava un gruppo parlamentare dei Cinquestelle…, oppure il fuoco arde ancora sotto la cenere del successo di domenica scorsa? La risposta passa inevitabilmente per la trasferta di Pesaro che oltre a rafforzare la ancora deficitaria classifica triestina potrebbe essere una sorta di pietra tombale per la salvezza marchigiana. Non a caso sia Ghiacci che Dalmasson la aspettano con malcelata curiosità. Ed un pizzico di apprensione, per il secondo soprattutto, che non deve aver mandato giù serenamente i contatti societari con allenatori alla finestra per un ingaggio marchiato Allianz.

E adesso che gli hater da tastiera si son presi una pausa nel richiedere la testa del coach, Pesaro può essere la tappa giusta per far loro cambiare mestiere. Si dovesse finalmente (e definitivamente) voltar pagina, andrebbe riconosciuto alla società di aver mantenuto quella coerenza non sempre riscontrabile nel mondo dello sport, a tutti i livelli: dove quasi mai i dirigenti avvertono il fatto che cambiare in corsa la guida tecnica di una squadra è un loro fallimento, prima ancora che quello del tecnico in questione.

E allora, aspettando i nulla-osta per vedere in campo gli adeguati (e pregiati) rinforzi, andiamo a casa di Gioacchino Rossini per farci “barba e capelli”. Nel girone di ritorno dobbiamo essere più belli che mai! —

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