Poz: le mie vittorie figlie del divertimento

TRIESTE. Inevitabile. Gianmarco Pozzecco è nato per fare notizia. Era unico da giocatore: simpaticamente folle, imprevedibile, trascinatore. Un mese fa gli è stato affidato il timone dell’Upea Capo d’Orlando. Prima avventura in panchina, in LegaDue, con una squadra ambiziosa che fino a quel momento aveva raccolto solo delusioni. E il “Poz” che ti combina? Tre vittorie su quattro partite. L’ultima, a Forlì, condita da un siparietto televisivo post-partita che ha regalato il momento più mediaticamente cliccato della stagione. Insomma, il basket italiano torna a ballare il Pozgnam style...
Premessa: il giorno prima dell’ultimo successo Pozzecco è stato informato che uno dei suoi Usa, Young, era stato trovato positivo all’antidoping per uso di cannabis. Il primo gesto fatto dalla squadra al quarantesimo è stato correre ad abbracciare il compagno in tribuna per condividere con lui la vittoria.
«Perché vinciamo? Perché facciamo le cose con passione. E riscoprendo il divertimento. Mi piace che passi questo messaggio. Però questo non significa non fare il proprio lavoro con impegno».
E tutti adesso a dire: ma quanto è bravo il Poz allenatore.
Uno degli Sms che più mi hanno fatto piacere è arrivato da Tanjevic. Mi ha scritto: «Bravissimo, quanto mi piace il tuo modo di difendere». E il bello è che io non mi sento ancora allenatore ma sono fatto così. Lo sono da 40 anni e non cambierò adesso.
Il post-partita in tv, con tanto di baci e abbracci ai commentatori, ha divertito tutti.
Non mi ero reso conto di quello che ho combinato. Quando mi sono rivisto ho commentato: «Ma sono io quel fulminato»? Ho trovato un gruppo di ragazzi fantastici e ho cercato soprattutto di dare loro il piacere di allenarsi e stare insieme. Quando ho saputo della positività di Young, il mio primo pensiero è stato perchè non siamo riusciti a evitare questa vicenda. Parliamo di un ragazzo di 23 anni che ha commesso uno stupidaggine. Io mi sono sempre battuto contro le droghe e mi piace vedere che il mio giocatore è il più dispiaciuto di tutti per quanto è successo. In questi giorni gli siamo stati vicini ed è stato giusto andare a condividere con lui questa vittoria.
Ok, però un allenatore che si aggrappa a telecronisti e giocatori e corre a far festa in tribuna è una scena un po’inconsueta in un contesto sempre più ingessato...
C’è già chi mi avverte: «Guarda che se continui a comportarti così non potrai mai allenare una grande». E chi se ne frega. Non allenerò il Real Madrid? Bene, allenerò l’Inter 1904. Abbraccio Young e i miei come una volta avrei abbracciato Radovani o Paolo Moschioni. Non sono disposto a cambiare. Sapete qual è stato il gesto più bello che ho visto fare a un allenatore?
Quale? Chi? Phil Jackson? Pat Riley?
Macchè. Carletto Mazzone quando dopo il 3-3 del Brescia si fa di corsa 80 metri di campo per affrontare la curva atalantina dopo i cori razzisti. Aveva urlato: «Mortacci vostri, se famo tre vengo sotto la curva». E l’aveva fatto, rischiando un infarto. Ecco, non si può non amare un allenatore così.
A Capo d’Orlando componete uno staff tecnico tutto triestino. Il vice, fortemente voluto, è Furio Steffè. Come sta andando la convivenza?
A Furio lascio carta bianca. Lui è la spalla ideale, riesce a controbilanciare la mia carica di adrenalina. In queste settimane mi sono arrabbiato con lui una sola volta. Eravamo d’accordo che se avessimo vinto a Jesi per festeggiare io, lui e David Sussi avremmo fatto il trenino nello spogliatoio. Al momento di fare festa non troviamo più Steffè. Me la sono presa e gli ho detto: «Se vinciamo e poi non festeggiamo che gusto c’è? Allora perdiamo...»
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