Quei tuffi dai 27 metri la folle sfida di Alessandro

De Rose, triestino d’adozione, racconta le emozioni che vive dalle grandi altezze «Il Mondiale è stato meraviglioso. Ma in tanti mi dicono: chi te lo fa fare?»
Di Guido Barella

TRIESTE. Ventitre anni compiuti poco più di un mese fa, Alessandro De Rose ieri era, come tanti, tantissimi altri suoi coetanei, a Barcola. Ma fino a mercoledì scorso questo triestino d’adozione era a Kazan, ai Mondiali di nuoto, impegnato nella gara dei tuffi dalle grandi altezze. Per capirci: lui si tuffa da qualcosa come 27 metri. Unico italiano in gara, ha chiuso al 16.mo posto, mancando quindi la finalissima a 12 nonostante un ultimo tuffo che ha collezionato una raffica di 9 e 8.5: «Ma ho pagato il terzo tuffo, peccato...».

De Rose, è stata una grande esperienza, partecipare a questo Mondiale.

Grandissima esperienza, grandissima emozione. Perché poi questo era il primo Mondiale nel quale c’erano le grandi altezze, e il fatto di esserci significa quindi qualcosa di unico, eccezionale. A Barcellona la nostra specialità era sperimentale, lo scorso anno poi abbiamo fatto un test sempre lì a Kazan. Ma quella di quest’anno era la prima presenza ufficiale dei 27 metri.

Un’esperienza chiusa fuori dalla finale a 12 ma con un tuffo da grandi voti.

Ci tenevo da morire. Erano venuti a vedermi i vertici della Federazione e volevo fare bene per ringraziarli della fiducia che mi avevano dato. Peccato solo per quel terzo tuffo che non è andato come volevo e che mi ha penalizzato non poco. Ma lì ho pagato a caro prezzo l’emozione.

Tuffarsi da 27 metri significa arrivare in acqua a una velocità di 90 chilometri all’ora: ma come ci si allena?

Personalmente mi alleno dalla piattaforma da dieci metri, praticamente scomponendo in tre parti il tuffo: il blocco iniziale, il blocco centrale e il blocco finale. Saltando da 27 metri il tuffo dura circa 3 secondi ed è vero, si arriva in acqua a 90 chilometri all’ora. Che dire: è come una fucilata! E devo dire che quando il tuffo è perfetto, l’ingresso in acqua senza spruzzi ha proprio un “suono” tutto suo... Bellissimo!

Ma in acqua potete entrare solo di piede: troppo pericoloso sarebbe un ingresso di testa...

Non è detto: penso a uno dei grandissimi italiani della specialità, Marco Stuppner, che entrava di testa. Ma poi l’evoluzione è stata tale che sì, adesso è preferibile entrare di piedi. E ti assicuro che comunque l’impatto fa un gran male: quando poi esci dall’acqua, cammini come un pinguino! Soprattutto se l’acqua è fredda come era fredda a Kazan: quando abbiamo fatto l’ultimo tuffo siamo saliti in piattaforma avvolti nelle coperte per la temperatura tutto fuorché estiva...

Immagino che voi tuffatori dalle grandi altezze siate come una “tribù” anche nel mondo stesso dei tuffi.

Siamo una grande famiglia, sempre pronti ad aiutarci. Anche quando proviamo un tuffo nuovo ci consigliamo l’uno con l’altro chiamando ad esempio i tempi di un’apertura: questo prova il rapporto, la fiducia che c’è tra di noi. Un errore in una chiamata può avere effetti drammatici da quelle altezze.

E che rapporto hai con gli altri tuffatori, quelli da altezze “normali”?

Sono amico dei ragazzi più giovani. Sono anche venuti a vedere la location dei miei tuffi, sono saliti sulla piattaforma ai 27 metri. Da parte di alcuni c’era curiosità, altri mi hanno semplicemente detto che sono matto.

Appunto. Ma non c’è mai paura, lassù?

Più si avvicina il momento del tuffo, più sale l’adrenalina e più sale anche l’«arroganza» del tuffatore. Diciamo che comunque più cresce il numero delle gare cui partecipo, più diminuisce la paura. Ma una volta mi chiedevo spesso: «ma chi te lo ha fatto fare?»

Ecco, chi te lo ha fatto fare?

Ho iniziato a tuffarmi in piscina nella mia città, Cosenza, quando avevo 5 anni. Poi, quando avevo 16 anni è mancato mio padre e non ho più avuto la possibilità di andare in piscina. Tempo un paio di anni e mi sono ritrovato a Roma a lavorare come tuffatore in un parco acquatico. Un giorno un ragazzo, Jonathan, che veniva dalla ginnastica artistica, mi sfidò, diceva che era più bravo di me dai 20 metri. E io ho subito accettato la sfida. Oggi, dovrei ringraziare Jonathan...

A Trieste come sei arrivato?

Vivevo e mi allenavo a Londra quando incontrai Fulvio Belsasso della Trieste Tuffi. Era il novembre di due anni fa. Mi fece un’offerta molto importante per me ed eccomi qua. Mi alleno e alleno. Perfetto! Aggiungiamo che la piscina Bianchi è uno dei migliori impianti d’Italia assieme a Bolzano e Roma. Se proprio vogliamo cercare il pelo nell’uovo manca solo una palestra dove lavorare adeguatamente a secco.

Inoltre a Trieste, Nicole Belsasso è diventata la tua ragazza...

...oltre a essere la mia allenatrice. Il rapporto comunque è molto professionale: in piscina si lavora, assieme, fuori ci si diverte, assieme.

E il lavoro paga. Sei arrivato fino ai Mondiali!

A tuffarmi assieme a gente che fino a ieri guardavo solo su YouTube. Io, appena 23 anni, al fianco di questi mostri sacri, a iniziare da Gary Hunt, che poi ha vinto l’oro, un grandissimo.

GuidoBarella

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