Simone Buti: «Trieste mi ha insegnato tutto»

di Andrea Triscoli
TRIESTE
Toscano di Fucecchio, 28 anni in settembre e 208 centimetri di altezza: Simone Buti è il centrale titolare dell' Italvolley. Il giocatore può vantare un trascorso triestino. Nel 2004 indossò la casacca dell'Adriavolley-baby di Schiavon che sfiorò la promozione in A2. Dopo quell'episodio la pallavolo a Trieste ha vissuto solo di sporadiche apparizioni in B2 con immediata ridiscesa. Amante del Palio della sua città, musicista dilettante, Buti parla del suo passato a Trieste. «Ho dei ricordi bellissimi legati a questa città – sottolinea Buti - era il mio primo anno da solo, lontano da casa, in un'avventura importante come la B1. Grazie al gruppo magnifico e a Gigi Schiavon ho imparato tanto ed è stato un trampolino di lancio per la mia carriera».
Cosa vi mancò per andare su quell'anno?
Gara-3, lo spareggio a Pineto, penso sia entrata nella memoria di tutti: una finale difficile giocata fuori casa in condizioni pazzesche, con le bombe-carta, il pubblico ostile, l'infortunio immediato al regista Bacci. Le cose si misero subito male, ma nonostante la sconfitta resta l'importanza di una stagione indimenticabile.
Debutto in Nazionale nel maggio 2010: sensazioni?
Ho realizzato finalmente il sogno della convocazione e per sostituire proprio Mastrangelo, che è sempre stato un mio idolo. E' una cosa grande, ti completa come atleta e dà la misura di quanto fatto vedere in campionato.
Com'è questa nuova nazionale di Berruto?
È un gruppo eccezionale, motivato ed entusiasta. Il coach l'ho avuto nel 2009-10 come tecnico a Monza, quindi so cosa chiede e come lavora. Poi ho la fortuna di giocare con Travica, mio compagno di club. Per i sottili e delicati meccanismi tra alzatore e centrale è importante che la nostra intesa, che dura da 2 anni a Monza, funzioni anche qui.
Pensavate di esser in vetta al girone?
Non lo davamo per certo, ma fin da subito si è intravista l'atmosfera giusta, la voglia di creare una nuova generazione, giovane e combattente.
Cosa temete dei coreani?
Il loro gioco classico all'orientale, fatto di tanti incroci, rapido, palle spinte e tanta difesa. Sono bravi a non mollare mai e a tirare su tutto.
C'è un grande calore attorno a questa Nazionale: che risposta ti attendi dal tuo ex palasport?
Ad ogni partita precedente c'erano migliaia di persone, per cui mi auguro che venerdì venga a vederci tanta gente, per motivarci e aiutarci. E magari per far vedere che questa città ha un bellissimo impianto e si merita una formazione di alto livello.
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