Suarez eroe in patria e Chiellini lo perdona

Il terzino: «Punizione eccessiva, potevano farlo restare»
Di Pietro Oleotto

INVIATO A RIO DE JANEIRO. Luis Suarez è a Montevideo, accolto come un eroe nazionale, alla faccia del morso alla spalla di Giorgio Chiellini: ha incassato da oltre oceano la solidarietà “calcistica” dell’azzurro («Sanzione eccessiva, potevano farlo restare» e quella ruffiana del suo presidente, il vulcanico Mujica, a cui si è aggiunto di corsa Maradona che, quando sente odore di Fifa, addenta qualsiasi polemica. La diplomazia si usa soltanto nella sala stampa del Maracanà ed è merce rara, visto che la maneggia esclusivamente l’avversario, il ct della Colombia, Pekerman: «L’Uruguay è una rivale comunque difficile, indipendentemente da Suarez».

Parole che non placheranno la rabbia di un’intera nazione che puntava sul suo attaccante per poter rivivere un duello mondiale con il Brasile che, Cile permettendo, dovrebbe spettare gli uruguaiani dopo l’ostacolo colombiano.

Solidarietà. Giorgio Chiellini ha preso carta e penna: meglio, ha acceso il computer e ha aggiornato il suo blog dal quale, commentando le nove giornate di squalifica e i quattro mesi di stop inflitti dalla Commissione disciplinare della Fifa per il morso che l’attaccante gli ha piazzato in un corpo a corpo nell’Arena das Dunas di Natal. «È una sanzione eccessiva – scrive il difensore – ora un pensiero lo rivolgo a Luis e alla sua famiglia, perché si troveranno ad affrontare un periodo molto difficile». Insomma, un perdono in piena regola, quello di Chiellini: «Dentro di me ora non ci sono sentimenti di gioia, di vendetta o di rabbia contro Suarez per un incidente che è accaduto in campo ed è finito lì. Rimangono solo la rabbia e delusione per la partita persa», spiega ancora aggiungendo poi il proprio pensiero sul prosieguo del Mondiale di Suarez: «Ho sempre considerato inequivocabili gli interventi disciplinari da parte degli organi competenti, ma allo stesso tempo credo che la formula proposta sia eccessiva. Spero sinceramente che gli sarà consentito, almeno, di stare vicino ai suoi compagni di squadra durante le partite perché tale divieto è davvero alienante per un giocatore».

In patria. Luis è invece già a casa: la scorsa notte è atterrato all’aeroporto Carrasco di Montevideo e là è stato accolto da una folla che gli ha manifestato la solidarietà della sua gente per la stangata ricevuta dalla federazione internazionale. Suarez è un eroe da quelle parti e anche le personalità del piccolo Paese sudamericano, incastonato come una pietra dura tra l’Argentina e il Brasile, se ne sono accorte, tanto da voler cavalcare l’onda lunga dell’indignazione popolare. Il più astuto è senza ombra di dubbio il presidente uruguaiano José Mujica che ieri ha rincarato la dose, dopo aver spezzato una lancia a favore dell’attaccante già a caldo, dopo aver appreso delle giornate di squalifica che peseranno sul Mondiale della Celeste: «Siamo furiosi perché la Fifa usa due pesi e due misure. Sono anziano e ne ho viste tante in vita mia, ma questa volta si è passato il limite. Si vedono di continuo falli e gesti ben più gravi, ma si permettono di trattarci con i piedi solo perché siamo un paese piccolo e contiamo poco».

Parole che hanno gettato benzina sul fuoco della passione calcistica che da sempre contraddistinge l’Uruguay e che ha portato in piazza migliaia di tifosi che nella capitale hanno dato vita a interminabili caroselli in auto e a cortei scanditi da slogan contro la Fifa, mentre il resto del paese ha partecipato alla protesta attraverso Twitter, attraverso l’hashtag #SomosTodosSuarez.

Il vecchio Pibe. «Siamo tutti Suarez». Anche Diego Armando Maradona che è uno dei conduttori di De Zurda, programma televisivo sui Mondiali che ha ospitato l’intervento al vetriolo di Mujica. In studio si è presentato con una maglietta: Luisito siamo con te. E ha sparato sull’obiettivo. La Fifa. «È una sanzione ingiusta, una cosa di mafia incredibile.Perché? Chi ha ucciso? Questo è il calcio della Fifa moralista. Là c’è gente che non pensa e che vuole uno spettacolo sempre più imbarazzante».

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