Tanjevic e l’Italbasket d’oro: «Nella finale del '99 dissi solo andiamo e battiamoli»

IL RICORDO
«Alla vigilia della finalissima contro la Spagna non ho svolto nessuna riunione tecnica. Nessun allenamento mirato. Niente. Mi sono rivolto alla squadra e ho detto: “Adesso andate in campo e batteteli”. La vera finale l’avevamo già disputata. E vinta».
IL SOGNATORE
Bogdan Tanjevic ha da sempre una virtù, tra le tante. Rendere semplici e superabili le difficoltà. Appiccicategli l’etichetta che preferite. Sognatore? Sicuro. Lucido visionario? Anche. Innovatore? Pure. Il 3 luglio di 20 anni fa l’Italia di cui era commissario tecnico salì sul tetto d’Europa con un mix di talento, gioventù, spregiudicatezza. Il basket italiano sapeva di possedere delle gemme preziose, in quei giorni in Francia lo scoprirono tutti. Per la Nazionale azzurra uno storico oro sedici anni dopo il trionfo di Nantes.
LA FINALE FU SEMPlICE
L’Europa applaude Myers, Andrea Meneghin, De Pol, Galanda, incorona Gregor Fucka Mvp. La finale contro la Spagna è quasi una formalità. Al Palas di Bercy l’Italia batte la Spagna 64-56, con una grande prova difensiva. «Pochi ricordano che al 35’ avevamo concesso agli spagnoli solamente 38 punti. A un certo punto il vantaggio era di 20 punti, gli avversari si sono messi a zona per ridurre lo scarto». L’Italia non mostra di avere nelle gambe le fatiche dei due incontri precedenti, contro altri colossi del basket continentale.
Eppure l’Europeo d’oro inizia in punta di piedi. Nella prima fase gli azzurri perdono con la Croazia e si impongono su bosniaci e turchi con margini risicati. Prima della partenza per la Francia, inoltre, c’è anche qualche spunto polemico. Nella Nazionale c’è un’assenza eccellente. Una scelta, forse un rimpianto, ma un trionfo ha il potere anche di ridimensionare le nuvole. Racconta Tanjevic. «In quella squadra avrebbe fatto comodo Gianmarco Pozzecco perché aveva qualità tecniche diverse dagli altri, poteva essere l’uomo che entrava in campo e rovesciava la partita. Se ne sono scritte e dette tante su quell’esclusione. Ma vi pare che io che vivo e amo Trieste sarei andato a perseguitare proprio un triestino? Semplicemente avrei dovuto dargli un ruolo che non sopportava facilmente, non sarebbe stato il primo play. Le possibilità di riuscirci sfumarono al torneo dell’Acropoli. Ci eravamo chiariti subito».
Senza il magico Poz dello scudetto della stella di Varese ma con tanti altri campioni. Una grande squadra che nell’Europeo francese cresce incontro dopo incontro. «Siamo arrivati ai quarti di finale contro la Russia lasciandoci alle spalle un ruolino di marcia normale. Eravamo consapevoli che da quel momento in poi avremmo dovuto dare il meglio di noi. Sarebbe facile adesso riconoscere nella vittoria sulla Russia con 23 punti di vantaggio la partita perfetta. Effettivamente non sbagliammo nulla. Conquistammo il pass per le Olimpiadi mostrando che potevamo vincere l’oro».
LA JUGOSLAVIA
In semifinale gli azzurri si trovano di fronte la Jugoslavia. Bodiroga, Danilovic, Divac. E scusate se è poco. «Anche in questo discorso con i giocatori è stato semplice. “Ragazzi, togliamoci questa scimmia dalla spalla di ’sta storia che la Jugoslavia non si batte...” Perché in quegli anni, a dirla tutta, in realtà ha quasi sempre vinto l’Italia nelle sfide contro la Jugoslavia. Perdemmo solo un’amichevole a Novi Sad. Tornando all’incontro dell’Europeo, per me non si è concluso con il 71-62 ufficiale. Per me abbiamo vinto di 19 punti, il massimo vantaggio ottenuto. Loro per rientrare in partita fecero uno sforzo estremo. Gestimmo benissimo la partita e di questo ero e resto molto orgoglioso. Centrata quella vittoria, sentivamo che l’Europeo non l’avremmo più potuto perdere».
La finale senza storia. L’Italia regina d’Europa. Gregor Fucka Mvp. Uno dei tanti “figliocci” di Tanjevic. «Schivo, modesto. Non aveva solo talento naturale ma si preoccupava di migliorare. Se un allenamento era facoltativo, lui c’era comunque. L’ho voluto tra i tecnici delle giovanili azzurre per fargli trasmettere questo suo approccio al basket ai ragazzi di adesso».
COSA RESTA
Tanjevic, l’Italia campione d’Europa vent’anni fa cosa ha lasciato? «Una squadra vera che ha saputo durare nel tempo. Non si è trattato di un successo episodico. Era una Nazionale rinnovata per 6/12 rispetto agli Europei ’97 ma di fatto ha prodotto risultati fino al 2004, con Recalcati. In qualche manifestazione ci è mancata la fortuna. Affrontammo le Olimpiadi senza De Pol, sostituito da Li Vecchi, Chiacig era reduce da un infortunio come Marconato. Si è fermato Scarone. Agli Europei 2001 eravamo senza Myers e Abbio. Carlton non era soltanto una macchina da punti ma uno dei nostri migliori difensori. Un bel nucleo. Ho portato in Nazionale Michele Mian e ci è rimasto per anni. Andrea Meneghin giocava da play... era davvero un basket moderno». —
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