Un parterre di nobiltà con Boscia e Kicanovic

TRIESTE. In uno spicchio di una tribunetta un bel po’ di trionfi, ricordi e pagine di storia del basket europea. Il presidente della Pallacanestro Trieste Mario Ghiacci li ha invitati al palazzo e Boscia Tanjevic e Dragan Kicanovic, da qualche mese a Trieste come console generale della Repubblica di Serbia, non hanno chiesto trattamenti di riguardo. Seduti uno di fianco all’altro, in mezzo al pubblico, da amici di lunga data.
Per Kicanovic è stata la prima volta al PalaRubini. «Non avevo mai avuto l’occasione di entrarci. Mi fa una gran bella impressione. Di Trieste mi ricordavo quell’altro vostro palazzetto...» Da giocatore, peraltro, quello che veniva definito il “Cobra” a Chiarbola lo si era visto solo in un paio di occasioni. Campionato 1982-83. Kicanovic era il pericolo numero uno nella Scavolini Pesaro, Trieste si chiamava Bic e aveva in panchina Rudy D’Amico. Per la cronaca, la neopromossa biancorossa rese la vita complicata ai marchigiani di Pero Skansi, all’epoca una delle potenze del basket italiano: Trieste perse 92-94 in casa e 100-99 a Pesaro. «D’Amico? Coby Dietrich? Ah, sì ricordo...Potrei sbagliarmi perché di palasport ne ho girati tanti ma a Chiarbola mi pare di aver partecipato anche a una sfida tra italiani e stranieri». Con la maglia Acegas numero 7 c’è un ragazzo il cui cognome dovrebbe ricordare qualcosa...«Ah, Tonut, sicuro. Me lo ha fatto notare Boscia durante il primo quarto...»
Tanjevic si cala completamente nei panni del padrone di casa. «Siamo qui su invito di Ghiacci ma credo che io e Kicanovic ci torneremo ancora in futuro». E il neo-console generale di Serbia: «Rimarrò a Trieste per qualche anno, sicuramente le occasioni non mancheranno».
Vi lega un rapporto di amicizia consolidato dagli anni e dalle esperienze ma qual è il ricordo più forte? Kicanovic è - e non potrebbe essere altrimenti - diplomatico: «Il ricordo di tanti amici e grandi giocatori, sono davvero troppi i momenti da rievocare». Tanjevic, che invece non ha obblighi di etichetta, non ricorre agli eufemismi: «Ricordo che da giocatore mi ha sempre rotto le scatole. Io allenavo il Bosna e lui giocava con il Partizan. Io sono venuto in Italia e allenavo a Caserta e lui è andato a giocare a Pesaro segnando vagonate di canestri. Me lo trovavo sempre davanti, un avversario terribile. Per fortuna un anno ho potuto averlo con me. Allenavo la Jugoslavia». Argento continentale. Era il 1981. Vinse l’Urss di Valters e Tkacenko. Mvp del torneo, appunto, Dragan Kicanovic.
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