Vendeva in nero gioielli ai calciatori, evasi 2 milioni

Giro colossale smascherato dalla Finanza di Alessandria. Nessun addebito per gli atleti
Di Stefano Tamburini

ROMA. Prendi un calciatore di primo piano, vendigli un bel po’ di gioielli e fatti pagare in nero. E poi vai da altri calciatori, grazie al passaparola, che funziona e come: quei gioielli, in fondo, sono di buona qualità e a buon prezzo. Per fidanzate, mogli e amanti sono cadeau che fanno colpo. E infatti l’affare va avanti e si ingrossa al punto tale che, al momento, il colossale giro di evasione fiscale scoperto dalla Guardia di finanza del comando di Alessandria supera i due milioni.

Il meccanismo era semplice, ed è andato avanti per cinque anni, dal 2008 al 2013. Un sistema ingegnoso ma che al tempo stesso aveva un grosso difetto. I calciatori, quando andava male spendevano qualche migliaio di euro ma molti di loro andavano anche su cifre a cinque zeri e mica era possibile farsi pagare con bigliettoni da 50, 100, 200 o 500 euro. E così fioccavano assegni che, uno dopo l’altro, sono finiti nelle maglie dei controlli della rete antiriciclaggio.

Fra i calciatori coinvolti ci sono anche personaggi di primo piano del nostro campionato e altri ancora che nel frattempo sono andati a giocare in altri campionati d’Europa di primo piano. Gli investigatori non fanno nomi anche perché nessuno di loro al momento rischia alcun addebito. La loro posizione, nel peggiore dei casi, potrebbe essere simile a quella di chi va a fare shopping ed esce dal negozio senza lo scontrino fiscale. Certo, questi sarebbero stati fior di scontrini. Ma loro erano tranquilli, al punto da staccare assegni dei loro conti correnti personali. Insomma, si presume non potessero sospettare di alimentare una colossale evasione fiscale. Tutto ruotava intorno alla figura di un intermediario - un pensionato - che era riuscito a farsi accreditare negli alberghi delle principali squadre di Serie A durante i ritiri estivi. Il giro aveva fatto breccia grazie al passaparola, un compagno di squadra o un altro calciatore incrociato durante l’esperienza con un’altra squadra italiana. Roba di qualità, per giunta lavorata da un orafo di Valenza Po, in provincia di Alessandria, dove l’industria del gioiello è più che all’avanguardia. E così, in cinque stagioni, l’intermediario è riuscito a farsi staccare assegni o accreditare bonifici per due milioni. La cifra potrebbe subire variazioni al rialzo, gli accertamenti sono ancora in corso.

I calciatori intestavano gli assegni all’intermediario o li lasciavano in bianco ed era poi lo stesso venditore ad autointestarseli e a versarli sul proprio conto corrente. Sul quale, in qualche caso, arrivavano anche bonifici diretti dei calciatori. A fronte di questi pagamenti il pensionato non rilasciava alcun documento fiscale e quei soldi venivano quasi subito prelevati. Insomma, al momento di incrociare i dati, il lavoro non è stato particolarmente complesso. A un assegno di 10mila euro corrispondeva poche ore dopo l’avvenuto incasso un prelievo in contanti di analogo importo. Tutto, peraltro, sembra sia partito da semplici controlli di carattere fiscale: l’azienda dichiarava un volume di affari molto modesto e la cosa ha finito con il creare più di qualche sospetto. Insomma, non è detto che avrebbero potuto farla franca, ma l’ingordigia ha giocato un ruolo certo non secondario. I primi controlli hanno già portato alla scoperta di operazioni per complessivi 2 milioni. Il fascicolo, oltre che alla procura di Alessandria, è finito anche all’Agenzia delle entrate per dare il via al recupero delle somme evase. Fra le contestazioni anche il mancato pagamento dell’Iva per oltre 200mila euro. Per i calciatori, nessun addebito. Certo, non ci hanno fatto una gran bella figura. Ma con tutto quel che gira intorno al nostro calcio, questo gran giro di gioielli pagati in nero rischia di restare molto sullo sfondo.

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