Vince chi non gioca è la nuova filosofia

INVIATO A PARIGI. Facciamo un gioco: vince chi non gioca. Alt, non abbiamo detto "chi non partecipa". Semplicemente, basta restare ai margini del gioco, lasciare l'iniziativa agli altri, mettersi un po' in disparte. Euro2016 certifica che oggi il calcio è cambiato: morto il tiki-taka, si fa avanti lo spirito speculativo che dopo la finanza si è preso anche il pallone. Onore al Portogallo che per una sera è riuscito a riempire il cuore di almeno trequarti di Europa, ma più per una questione di affetto (o scarsa simpatia per i francesi, decidete voi) che per lo spettacolo offerto.
Una sola vittoria. D'altronde il dato di fatto non confutabile è che il Portogallo nei tempi regolamentari ha vinto una sola partita in tutto l'Europeo (contro il Galles in semifinale) e al 40' dell'ultimo match della prima fase era ultimo del proprio girone, virtualmente eliminata. La fortuna di un tabellone ripido come un cavalcavia ha trovato da contraltare la sfortuna di perdere subito Cristiano Ronaldo in finale: ma forse proprio in quell'attimo Nani e compagni si sono ancora più chiusi come un pugno, sia tatticamente che mentalmente, costruendo il loro piccolo, grande capolavoro. La Francia è stata tradita da molti dei suoi uomini più attesi, Pogba su tutti. E ora viene davvero da chiedersi se per la Juventus non sia il caso di accettare la mega offerta dello United di Mourinho: giovane e bravissimo, ma Paul in questo Europeo non ha dimostrato di valere l'assegno da 123 milioni.
La speculazione. Dicevamo: vince chi non gioca. Pensate per un attimo quali sono le squadre che comunque hanno sempre cercato di fare la partita e di imporre il proprio gioco: la Spagna, la Germania, il Belgio e in parte anche la Croazia. Tutte a casa più o meno rapidamente: deluse e contestate Spagna e Belgio, a testa bassa la Germania che sperava di avere aperto un ciclo e invece ha già perso la scettro. Guardate poi cosa è successo alla Francia: tutto bene quando di fronte ha avuto i tedeschi campioni del mondo e si è messa dietro ad aspettare, ma quanta fatica quando l'avversario si chiamava Irlanda o Portogallo. «Non è tempo per noi», cantava Ligabue. No, oggi non è tempo per chi prende palla e inizia a fare filosofia calcistica, duecento passaggi in orizzontale, sistemi di aggiramento al limite della paranoia. Oggi il prototipo del giocatore moderno è un Renato Sanches, il rasta del Portogallo: taglialegna anche grezzo davanti alla difesa, un siluro a gettarsi negli spazi quando c'è da ripartire. Non è un caso che il Bayern prima dell'Europeo se lo sia preso per 45milioni di euro.
L'Italia e la finale. E l'Italia come si inserisce in questo contesto? Alla resa dei conti abbiamo perso dalla squadra che ha perso... da quelli che poi hanno perso la finale. Detta così, alla Branduardi, è abbastanza inquietante. In realtà non siamo così sicuri che l'Italia sarebbe stata sconfitta dal Portogallo, anzi. Idem con la Francia. L'idea di gioco di Conte era quella giusta: un po' per scelta e un po' per necessità, fatto sta che con il "chiusi e riparti" ha eliminato la Spagna ed è stato a un passo dal far fuori la Germania con la Nazionale più povera di qualità della nostra storia. Per carità, non era un grande calcio, ma aveva forse alternative? Il Portogallo sul trono aumenta i rimpianti per essere finiti dalla parte sbagliata del tabellone. Ma è andata così. Piuttosto la nostra Nazionale deve guardare al futuro, perché qui si rischia di rimpiangere addirittura quella che poche righe sopra abbiamo definito "la nazionale più povera di qualità della nostra storia". Questi azzurri avevano creato un gruppo d'acciaio inox, il prossimo anno saranno tutti un po' più vecchi (e già l'età media era altissima) e dietro la curva non si vedono giovani pronti per essere protagonisti. Ventura inizi pure a rimboccarsi le maniche.
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