«Zoncolan e le Rive, uno-due che offre grande spettacolo»

«Vuole che le racconti come è nata l’idea di chiudere il Giro 2014 a Trieste?»
Mauro Vegni è il direttore generale della Corsa rosa. In questi giorni il suo cellulare suona continuamente. Dica la verità, Vegni, quanti telefonini ha? «Una solo e vorrei tanto poterlo spegnere...». Ma al Piccolo Vegni racconta di buon grado la genesi della chiusura in rosa in piazza Unità per questo Giro d’Italia 2014.
E allora svela: «Tutto nasce dallo Zoncolan. E’ una montagna che è uno spettacolo, in pochi anni è diventata un mito. Però nel passato, proprio perché fa troppo paura, non ha mai “fatto male”. E allora l’idea era quella di provare a metterlo in calendario alla fine perché possa essere determinante. A quel punto si trattava di trovare una tappa conclusiva vicina alla Carnia. “Cosa c’è di bello in Regione?” ci siamo domandati una sera a cena con Cainero. “Beh, perché non puntiamo su Trieste” ha suggerito Enzo. E l’idea è stata subito un successo. D’accordo la Regione, d’accordo il Comune. Del resto anch’io ne sono stato subito entusiasta: Trieste si presta splendidamente bene, con il Golfo, con le Rive, e poi ci sono anche i motivi di ricordo storico che il Giro ama sempre sottolineare: in questo caso i sessant’anni del ritorno definitivo della città all’Italia».
Grazie, Zoncolan, dunque. Anche perché una tappa conclusiva del Giro d’Italia è un vero e proprio affare. Uno spot nemmeno paragonabile a quello offerto da una tappa qualsiasi.
«Sul fronte della comunicazione - spiega Vegni -, la partenza e l’arrivo sono continuamente citati da tutti, e per settimane già prima della partenza della corsa. Non solo: la tappa conclusiva è, per ovvi motivi, quella che è la maggior copertura a livello mondiale, perché anche le emittenti - ripeto: di tutto il mondo - che non seguono la corsa tappa dopo tappa, comunque danno la notizia di chi ha vinto il Giro e quindi parlano dell’ultima tappa e ne trasmettono qualche immagine».
Partenza in Irlanda, dunque, in questa edizione 2014, e arrivo a Trieste. Ma è proprio necessario per il Giro d’Italia partire all’estero? «So che molti tifosi storcono il naso all’idea - spiega Mauro Vegni -, ma non dobbiamo dimenticare che il Giro d’Italia è un prodotto sempre più internazionale.
Andare all’estero quindi, e i nostri tifosi ce lo devono permettere, non significa tradire, quanto piuttosto valorizzare uno dei simboli dell’Italia, un prodotto made in Italy». Se poi l’accoglienza è ovunque come quella, assolutamente straordinaria, che la corsa rosa ha avuto quest’anno in Irlanda, beh, l’orgoglio è ancora maggiore...
Ma torniamo a Trieste. Ad accogliere il Giro ci saranno anche le Frecce Tricolori, un tocco magico davvero.
«A proposito di simboli dell’Italia, la Pattuglia acrobatica nazionale è una delle massime espressioni. Averla a una propria manifestazione è un sogno ambito da qualsiasi organizzatore. E anche per questo risultato devo dire grazie a Enzo Cainero, che coltiva ottimi rapporti personali con gli uomini della base di Rivolto e che ha saputo confezionare questo straordinario regalo al Giro, alla città di Trieste e ai tifosi di tutto il mondo».
Direttore Vegni, ma non è che questa straordinaria due giorni regionale, tra lo Zoncolan e Trieste per il gran finale, è un risarcimento per il mancato Crostis del Giro 2011?
«No, assolutamente. Semmai è un rendere qualcosa a una regione che ama profondamente il ciclismo, a una regione che scende sulle strade del Giro con straordinaria partecipazione, che ha saputo trasformare una montagna - e penso proprio allo Zoncolan - in uno “stadio del ciclismo” facendolo entrare in dieci anni nel mito della bicicletta, quanto il Mortirolo, quanto il Gavia. Il Crostis? Beh, è lì... Chissà, un giorno...».
GuidoBarella
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