A scuola di cucina con gli “chef” a rotazione

Non sappiamo ancora se il frenetico mondo della ristorazione triestina, quella ormai “seriale” sulle Rive per esempio, trema all’idea di avere un Eataly con decine di ristoranti e “take away” sotto il naso, quel che certamente sappiamo è che i Farinetti guidano il bus degli affari con il motore della cultura alimentare: con loro è Slow food, con loro sono il “vivere a spreco zero” di Andrea Segrè, il biologico, il “chilometro zero”, il prodotto locale di “eccellenza” qualitativa, e anche il lato professorale: insegnare le fondamenta buone del cibo e del suo significato a partire dalla tenera età, e attirando specialmente due fasce anagrafiche, i bambini affinché crescano con radici sane, e i pensionati forse perché hanno più tempo per pensare a quel che mettono in pentola. Solo per loro i corsi di alimentazione e cucina saranno gratuiti, gli altri richiederanno un medio pagamento.
Proprio per non fornire a Trieste un Eataly ristretto da questo punto di vista si è preferito allungare i tempi pur di allargare gli spazi. Il dépliant che nelle sedi già attive annuncia i corsi didattici degli Eataly ha otto facciate fitte. Cucina secondo stagioni, Cucina senza sprechi. Ricette regionali. Informazioni basiche sull’alimentazione. Corsi teorici e corsi pratici. Corsi pensati per le scuole.
«Sono previsti anche eventi e incontri - anticipa Antonio De Paolo, socio triestino dei Farinetti -, e anche prove pratiche, perché le sale didattiche avranno una cucina a disposizione, dove mettere in pratica insegnamenti e suggerimenti. A turno saranno invitati “chef” di nome, e anche rappresentanti regionali della miglior ristorazione, o esperti nel campo, che racconteranno le loro esperienze e le loro ricette».
Questo particolare aspetto di Eataly ha trovato un forte consenso nella Fondazione CrTrieste: «L’aspetto didattico avverrà in collaborazione - afferma infatti De Paolo -, perché la stessa Fondazione aveva fra i suoi obiettivi quello di creare nel Magazzino vini un centro di attività culturale a favore dell’intera città. Grazie a questa grande unità d’intenti è stato trovato l’accordo per ottenere un piano in più dell’edificio, e l’attività didattica verrà promossa da noi ma anche dalla Fondazione». Uno sposalizio d’interessi che dunque ha trovato anche basi “morali” nella comune missione dell’interesse civile. Una cosa tira l’altra, e il modello sta funzionando perfino troppo: «I Farinetti - conclude De Paolo - sono subissati da richieste di nuove aperture da tutto il mondo. I progettisti quasi non riescono più a starci dietro...» (g. z.)
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