A Trieste l’acqua più cara di tutta la regione

L’acqua che sgorga dai rubinetti dei triestini è la più cara della regione. A sostenerlo è un rapporto pubblicato da Cittadinanzattiva, la onlus di partecipazione civica che opera in Italia e in Europa per la promozione e la tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori.
L’indagine è stata realizzata in tutti i capoluoghi di provincia, relativamente all’anno 2012. L’attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa (o ex nolo contatori). I dati fanno riferimento ai consumi e alle tariffe 2012 e fotografano la situazione di una famiglia-tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, e sono comprensivi di Iva al 10%.
Nella provincia di Trieste la spesa media annuale in bolletta è di 342 euro quando lo scorso anno era di 312. In Friuli Venezia Giulia una famiglia spende in media per l’acqua 246 euro, rispetto ai 310 della media nazionale. Nello specifico a Gorizia la spesa media è di 249 euro, a Pordenone di 215 e a Udine di 178. Il focus accende i riflettori anche sulle dispersioni idriche, individuando sul territorio provinciale di Trieste una quota di dispersioni nel 2011 del 56%, a fronte del 48% registrato nel 2007. La media regionale si ferma invece al 38%.
Ma perché nella nostra città l’acqua ha un costo così elevato? L’elevata percentuale di dispersioni incide sulle tariffe applicate? «Assolutamente no - evidenzia AcegasAps – le tariffe sono determinate da un dispositivo per l’energia elettrica, il gas e l’acqua che penalizza invece le aziende che hanno dispersioni idriche».
A pesare invece sulle nostre bollette sono gli interventi dei quali necessita la rete idrica, e gli impianti come il depuratore. Lo stato di salute della rete idrica provinciale non è certo dei migliori. La vetustà delle condotte - la maggior parte risale agli anni Venti e in alcuni casi ha superato il secolo di vita – rende inevitabile un’elevata dispersione di acqua. Sono 1.100 i chilometri complessivi di condotte, 100 dei quali riguardano la rete primaria. La dispersione, dai dati forniti da AcegasAps, a oggi si aggira sul 40%. Dunque su un trasporto giornaliero in città di 150mila metri cubi d’acqua, sono 60mila quelli che riguardano le dispersioni idriche.
Ma uno dei fattori che incidono maggiormente sul peso delle bollette salate delle famiglie triestine è la posizione geografica della nostra città. «La principale fonte di approvvigionamento idrico delle reti di Trieste - spiega AcegasAps - è rappresentata dai pozzi del basso Isonzo dove l’acqua, a differenza di quella di sorgente, deve essere sollevata tramite pompe ad immersione. I tredici pozzi ubicati nella zona di San Pier d’Isonzo sollevano l’acqua a quasi 500 metri di profondità con inevitabile consumo di energia elettrica». L’acqua delle falde viene inviata alla stazione centrale di trattamento Giovanni Randaccio, presso San Giovanni di Duino nel comune di Duino Aurisina e poi distribuita in tutta la provincia. Il resto della regione in buona parte, grazie alla posizione pianeggiante, non necessita di questo impegno. Nelle zone carniche l’acqua più facilmente viene calata dall’alto. E i costi non lievitano.
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