A Trieste l’embargo russo fa saltare i primi posti di lavoro

TRIESTE L’allarme parte da Filt Cgil. È il segretario della categoria, Renato Kneipp, a sollevare un tipico problema che rischierebbe di finire sotto l’ampio tappeto del silenzio o della sottovalutazione. Tra gli innumerevoli rivoli della crisi economica ce n’è uno specifico che riguarda gli scambi commerciali con i paesi dell’ex Unione Sovietica, in particolare Russia e Ucraina.
Ebbene, il combinato disposto delle tensioni russo-ucraine e delle relative sanzioni nei confronti di Mosca si riverbera negativamente anche sulla realtà imprenditoriale triestina, impegnata sul versante europeo-orientale soprattutto con le case di spedizione. «Già quattro aziende, che abbiamo seguito a livello sindacale - racconta Kneipp - hanno attivato la Cassa integrazione in deroga, che ha coinvolto una quindicina di dipendenti. Ma pensiamo che, al di là di questi numeri “ufficiali”, ci siano molte situazioni di diminuzione del personale, regolate, per esempio, con una contrazione delle ore lavorative».
E anche la Cig in deroga - riprende l’esponente cigiellino - è una soluzione assai precaria, perchè nel corso del 2016 sarà possibile solo per un periodo di tre mesi. Quindi, dice Kneipp, se non interviene una soluzione politica tale da normalizzare le relazioni commerciali tra Unione Europea e Russia, la situazione occupazionale nel comparto delle spedizioni è destinata a deteriorarsi.
Negli anni precedenti a queste tensioni internazionali - riprende Kneipp - un certo numero di persone, proveniente dall’area ex sovietica, si trasferì a Trieste, per lavorare all’interno di aziende che operavano proprio con i Paesi “eredi”. Ma adesso, in presenza di un sensibile calo di lavoro, quelle assunzioni hanno prospettive incerte. «Il problema - spiega Michele Colombo, titolare della Sts Service - è che i russi, colpiti dall’embargo di prodotti alimentari, per ritorsione non comprano altro. Anche loro non se la passano bene: abbassamento del prezzo del petrolio, svalutazione del rublo ... Qualche spiraglio interessante viene dal Kazakistan, vedremo. Ma intanto crisi ucraina ed embargo hanno dimezzato i nostri rapporti con l’area ex Urss. Per ora nessun licenziamento, teniamo duro e contiamo su un disgelo delle tensioni nello scacchiere russo-ucraino».
Nevio Bole, spedizioniere doganale, conferma le difficoltà sulla direttrice russo-ucraina, difficoltà che in regione coinvolgono anche l’autoporto di Gorizia e il distretto dei mobilieri pordenonesi che aveva tessuto buone relazioni in zona.
Un osservatorio privilegiato come l’Autoporto di Fernetti conferma queste preoccupazioni geo-economiche. Il direttore Oliviero Petz guarda le statistiche camionistiche, ripartite su due grandi voci, una per i vettori turchi in forte aumento, una dedicata indistintamente agli operatori “altri”. Ma sotto l’anodina definizione “altri” sono in gran parte classificati i transiti da/per l’area ex Urss: la flessione è risultata dell’8,20% tra il 2013 e il 2014 e di un ulteriore 4% tra il 2014 e il 2015. Una flessione che, tradotta in Tir, significa circa 16 mila passaggi in meno nell’arco temporale considerato. I mezzi registrati erano 134.557 nel 2013, erano 118.615 nel 2015. Meno pratiche doganali da espletare, meno magazzino di prodotti avviati verso il mercato russo.
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