A Zagabria governo in crisi, ribaltone dietro l'angolo

Most e Hdz sempre più distanti nell’esecutivo nato solo tre mesi fa. Il leader dei socialdemocratici Milanovic ha pronto un documento politico
Tihomir Oreskovic, al centro, con gli esponenti del governo subito dopo la sua formazione
Tihomir Oreskovic, al centro, con gli esponenti del governo subito dopo la sua formazione

ZAGABRIA. C’è sempre più odore di “ribaltone” a Zagabria. Il governo Hdz-Most (centrodestra), dopo soli tre mesi di vita, sta scricchiolando pesantemente. Ufficialmente nessuno ne parla, ma le tensioni oramai giornaliere dimostrano tutte le debolezze dell’esecutivo guidato da Tihomir Oreškovic, un imprenditore di successo che ha lavorato per anni in Canada e che è stato paracadutato nella complessa situazione croata in cui, dicono gli analisti, si muove come se fosse su Marte.

Il premier ha presentato alcuni giorni fa un programma politico che prevede sessanta riforme volte a riuscire a diminuire il debito pubblico del Paese, così da mettere a posto le finanze e iniziare a operare per una crescita economica. Il governo ha approvato il corposo pacchetto in soli 15 minuti. Dunque tutti d’amore e d’accordo? Non è proprio così e la coalizione si sta sgretolando sotto i piedi del suo nocchiero come fosse una vecchia barca verso il disarmo.
Tutto ha inizio in una notte di febbraio quando Most, vera sorpresa elettorale delle elezioni politiche, che era già pronto a firmare il patto di coalizione con i socialdemocratici (Sdp) del premier uscente Zoran Milanovic tutto ad un tratto cambiò idea e la mattina successiva si alleò con l’Hdz di Tomislav Karamarko. Per Milanovic fu una vera e propria pugnalata che stava per costargli anche il posto di leader della Sdp. Poi, lentamente, i socialdemocratici hanno serrato i ranghi predisponendosi a una opposizione serrata al nuovo esecutivo.

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Nuovo esecutivo che subito dimostrò la propria non-coesione. Si scatenò la guerra per la nomina dei ministri con Most, senza il quale l’Hdz non avrebbe potuto governare, che puntò i piedi sui nomi della “vecchia guardia” dei quadri accadizetiani puntando a uomini nuovi, non compromessi con la politica del passato. Guerra che continuò anche nelle nomine dei sottosegretari. Dopo le prime crepe si delineò subito, questione apertissima anche in queste ore, un’altra quasi insanabile frattura: la riforma delle autonomie locali.

Most continua a premere su una razionalizzazione della suddivisione del Paese (4 milioni e 200mila abitanti e una superficie di 56.594 km quadrati) che attualmente ha 20 regioni, più l’area metropolitana di Zagabria. Meno regioni, per Most, porterebbero, secondo il progetto in fieri, a un risparmio di alcuni milioni di eruo all’anno al bilancio dello Stato. Ma l’Hdz, che pure aveva posto la riforma nel programma di governo, adesso fa marcia indietro e la ritiene non più necessaria o, perlomeno, non così drastica comela vuole il leader di Most, Božo Petrov.
Petrov che ha sempre minore spazio di manovra, vuoi per la caduta di consenso rilevata dagli ultimi sondaggi, vuoi per la “fuga” dal suo partito di numerosi quadri. Già al momento della firma con l’Hdz per il nuovo governo ben cinque deputati di Most lasciarono il neonato partito per formare un gruppo indipendente al Sabor (Parlamento), mentre è di pochi giorni fa l’uscita da Most anche del suo capogruppo parlamentare, Ivan Kova›i„. Un’uscita di scena con tanto di sbattuta di porta che ha portato l’ex capogruppo a dichiarare, stanco delle angherie e dei diktat dell’Accadizeta, senza peli sulla lingua: «Che l’Hdz si fotta!».
E la Sdp non sta certo a guardare. I contatti con Most sono ricominciati al punto che il leader del neonato partito, Božo Petrov ha incaricato cinque membri della sua formazione politica a valutare se esistono sufficienti punti di convergenza con i socialdemocratici. Milanovic sa che il ferro va battutto fin che è caldo e quindi ha già predisposto sei direttive programmatiche che, se saranno accettate da Most, potrebbero costituire il programma del nuovo governo, qusta volta di centrosinistra.
Gli analisti predicano prudenza, ma Most, come già visto, in fatto di ribaltoni ne sa qualcosa.
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