A2A insiste sul carbone «È insostenibile l’opzione gas metano»

«In questa situazione di mercato, cambiare strategia provocherebbe un impatto su occupazione e indotto»
Di Laura Borsani
Bonaventura Monfalcone-07.02.2012 Centrale elettrica-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-07.02.2012 Centrale elettrica-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

L’equazione non è mancata, ora che a Porto Tolle Enel ha rinunciato alla riconversione a carbone della centrale a olio: Monfalcone faccia altrettanto, superando la produzione a combustibili fossili dell’impianto termoelettrico. Lo evidenzia il consigliere comunale e provinciale del Pd, Fabio Del Bello, mentre il capogruppo del Partito democratico, Paolo Frisenna, parla di «volata finale, poichè il 2017 dovrà essere l’anno del “carbonfree” per Monfalcone». Intanto, A2A ha ribadito che la trasformazione in ciclo combinato a gas naturale dei Gruppi a olio attualmente dismessi, già abbandonata con la revisione del piano strategico di Endesa «per una più aggiornata valutazione di sostenibilità economico-finanziaria in linea con il nuovo assetto del mercato», resta un’opzione «impraticabile». L’azienda dice di più: «Nell’attuale situazione di mercato - viene osservato -, investire su impianti CCGT in sostituzione di impianti a carbone, non solo non sarebbe sostenibile dal punto di vista della redditività dell’investimento, ma avrebbe anche, come diretta conseguenza a causa del diverso ciclo produttivo, un impatto importante sull’occupazione diretta del personale di A2A e indiretta su tutto l’indotto e sul territorio in generale». In altre parole, a fronte peraltro dell’installazione dei DeNOx in corso, la strada non si cambia, quantomeno fino al 2017, anno in cui è prevista la scadenza dell’Autorizzazione integrata ambientale. Per la città, attraverso l’espressione del Consiglio comunale, lo scenario post-2017 in ordine alla centrale resta lo “stop” al carbone. L’azienda aveva da parte sua prospettato un nuovo piano per la realizzazione di un impianto a carbone “ipercritico”, poi congelato, che aveva suscitato forti prese di posizione contrarie scaturite dal territorio.

Secondo A2A, «gli impianti a carbone permettono, in questi anni, di mantenere un costo di produzione contenuto, tale da consentire la loro chiamata in servizio per un alto numero di ore/anno». Secondo i calcoli dell’azienda, dunque, l’evoluzione del mercato non lascia scampo: dal 2000 al 2005 ci fu l’avvento della liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas, assieme alla regolamentazione dei mercati in monopolio (trasmissione e distribuzione di energia). Nel quinquennio successivo, annota ancora A2A, toccò agli investimenti sugli impianti a ciclo combinato alimentati a gas e nell’ultimo quinquennio la crisi macro-economica e il crollo della domanda di energia elettrica si associò allo sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili e fortemente incentivate. A2A argomenta: «Le attuali condizioni del mercato italiano dell’energia elettrica sono tali che gli impianti a carbone permettono di mantenere un costo di produzione contenuto, tale da consentire quasi sempre la loro chiamata a produrre, mentre, al contrario, il costo di produzione degli impianti a ciclo combinato a gas, consente agli stessi di funzionare solo per un numero limitato di ore l’anno, con margini ridotti rispetto ad un equivalente impianto a carbone».

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