Addio ai cinepanettoni. E gli italiani nelle sale adesso ridono di meno

Il 21 dicembre forse sapremo se ci sarà la fine del mondo, ma di sicuro sapremo se ci sarà la fine della commedia all’italiana. A quel punto avremo infatti il primo risultato dei film tricolori nel primo Natale senza cinepanettone, a cui la Filmauro di Aurelio de Laurentiis ha detto addio senza lacrime (ma con l’amarezza di Christian De Sica).
Stop alle cinevacanze esotiche o cortinesi. De Laurentiis ne ha fatte 28, non c’è quest’anno la numero 29, sostituita dalla commedia di stile diverso “Colpi di fulmine” di Neri Parenti (da ieri in sala), più aperta al sentimento, con meno parolacce. Un “movie movie”, ovvero due episodi distinti, con De Sica (“troppo solo”, ha detto lui) nel primo, e Lillo e Greg nel secondo (e dall’anno prossimo Luca e Paolo saranno protagonisti per 4 Natali). A fronteggiare la tradizionale Filmauro, ecco sotto l’albero le nuove risate della corazzata Rai Cinema “Tutto tutto niente niente” con Albanese (da ieri) e della proposta Medusa “I 2 soliti idioti” per i più giovani, con le rampanti star Mtv Biggio e Mandelli (dal 20 dicembre).
Perché di fatto gli italiani non hanno smesso di ridere in assoluto: hanno smesso di ridere in quel modo lì. Lo scorso “Natale a Cortina” aveva fatto 13 milioni di incasso, ma niente a che vedere coi 23 di “Natale a Beverly Hills” del 2009, decretando così la fine di un filone ormai trentennale. Nel frattempo c’era stato il boom dei “Soliti idioti”, 14 stupefacenti milioni. Senza contare altri trionfi come i 30 milioni di “Benvenuti al Sud”, i 43 del secondo film di Zalone, i 16 di “Qualunquemente” con Albanese e una quota di mercato italiana 2011 oltre il 60% (come quarant’anni prima).
Insomma, gli italiani si sono stufati di quelle dorate cornici vacanziere, di quelle facce, di quei veglioni, ma non di storie nuove, di volti, se non inediti, almeno poco sfruttati. Sono cambiati il gusto e l’età del pubblico, e la formula della commedia “nazionalpopolare” ha fatto semplicemente il suo tempo. Come accaduto in passato con gli improvvisi tonfi al botteghino di Celentano, Pozzetto, Villaggio, abbandonati dal pubblico da un giorno all’altro.
Solo che da un anno a questa parte la crisi ha toccato anche la “nuova commedia”. Registi emergenti come Massimiliano Bruno (“Nessuno mi può giudicare”) o Paolo Genovese (“Immaturi”) sono rimasti quest’autunno (con “Viva l’Italia” e “Una famiglia perfetta”) lontani dai loro primi successi. Solo Alessandro Genovesi (“Il peggior Natale della mia vita”) non ha perso troppo rispetto al prototipo. Gli spettatori hanno disertato anche i ritorni di commedianti di qualità come Virzì, Soldini e Piccioni.
Il risultato è che una commedia più adulta non è riuscita a conquistare la vetta. Se si sperava che il cinepanettone venisse sostituito a Natale da una commedia di costume senza mattatori, basata su storie più complesse e facce più vere, ciò non è avvenuto. Albanese, Lillo e Greg, i Soliti idioti oggi, Zalone, Luca e Paolo domani, non fanno che reiterare la formula comica individualista di derivazione televisiva, legata al singolo talent. o e alla battuta.
Ciò significa che si è al momento interrotto un lungo percorso positivo di crescita della nostra commedia “d’autore”, iniziato alla fine degli anni ’90, quando la quota dei film italiani sul mercato era appena il 12%. Un percorso avviato da titoli come “Ovosodo” di Virzì e “Pane e tulipani” di Soldini, capaci per primi di conquistare ampie fasce di spettatori senza affidarsi ai soliti comici ma alle buone idee, seguiti negli anni Duemila dall’Ozpetek più solare e da Fabio Volo. Da “Notte prima degli esami” in poi, è quindi sbocciata una fioritura di nuovi sceneggiatori e registi (Brizzi, Veronesi, Miniero, Lucini oltre a quelli citati), cresciuti con De Laurentiis o nei cantieri indipendenti della Iif di Fulvio Lucisano, della Colorado di Salvatores, della Cattleya, della Fandango, che ha determinato la fine del vecchio cinepanettone, ma che non ha impedito per ora il dominio della farsa nel periodo natalizio.
Tuttavia sarebbe ingiusto dimenticare quanto di buono hanno fatto De Sica e Boldi, Calà e Abatantuono, Ghini e Ferilli. Anche i loro film all’epoca hanno spesso saputo raccontare il Paese e parlare ai giovani. E poi hanno rispettato il segreto della commedia, che è uno e molto semplice: far ridere.
Ma non solo. A proposito del primo “Vacanze di Natale” (’83), c’è chi ricorda i suoi caratteristi geniali e la capacità di far emergere i tic degli italiani: “Nel film ci sono mille storie. A rivederlo oggi, il prototipo, sembra un’opera di Truffaut”. Chi l’ha scritto? Walter Veltroni.
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