Agriturismo trasformato in casa di riposo Pasti in appalto e apertura fuori normativa

Francesco Fain
È pesante e articolato il quadro accusatorio ai danni dell’agriturismo-fattoria sociale “Silicanum” trasformato, secondo l’accusa, in casa di riposo. La vicenda, lo si scopre oggi, è approdata al Tribunale amministrativo regionale (Tar). Lo si apprende da una delibera, appena affissa all’Albo pretorio del Comune di Gorizia, che conferisce - di fatto - il mandato di rappresentanza e di difesa dell’ente guidato da Rodolfo Ziberna all’avvocato comunale Stefano Piccoli.
Ma al di là della vicenda Tar, la delibera è interessante perché contiene alcuni concetti forti del dettagliato rapporto redatto dai Nas di Udine, «a seguito - si legge nel documento - di plurimi accessi e perquisizioni effettuati nella struttura (16 e 22 giugno, 7 agosto 2020), delle verifiche contabili nonché delle audizioni dei titolari dell’attività, del personale addetto alla struttura nonché delle persone ivi ospitate».
Verifiche dalle quali, secondo l’accusa, è emerso che presso la struttura era «stata attivata una residenza per anziani autosufficienti e non autosufficienti, dove venivano erogate prestazioni di natura infermieristica e sociosanitaria».
Alcune persone presenti nell’agriturismo-fattoria sociale Silicanum, certune anche da svariati anni, avevano «fissato la propria residenza in via degli Scogli al civico 53 a Gorizia, presso la struttura stessa». Tutto ciò, nonostante l’agriturismo fosse autorizzato per 210 giorni all’anno. «Insomma - interviene l’assessore Dario Obizzi che, di professione, è avvocato - non c’erano più i presupposti né giuridici né fattuali per tenere in vita le autorizzazioni del Comune risalenti al 2009 e che non riguardavano certamente una casa di riposo, bensì un’attività agrituristica con somministrazione di bevande e pasti per un periodo massimo di apertura di 210 giorni nell’arco dell’anno».
Proseguono i Nas: «Il tempo-lavoro dedicato all’attività agricola da parte dell’azienda in questione nel periodo 2015-2020 non risulta essere quello prevalente, tenuto conto del fatto - si legge ancora nel rapporto dei carabinieri dei Nuclei antisofisticazione e sanità (Nas) riportato nella delibera giuntale - che tutto il personale assunto erogava prestazioni socio-sanitarie di aiuto alla persona nello svolgimento delle attività di base (Adl) e strumentali alla vita quotidiana, tra cui prestazioni finalizzate al soddisfacimento dei bisogni primari della persona (Iadl), diversamente da quanto indicato nei contratti di lavoro del personale stesso, che per di più non possedeva alcuna delle qualifiche professionali necessariamente previste per l’esercizio di tali attività». Non solo. «Il volume di affari del tutto prevalente risultava essere proprio quello derivante dall’attività di residenza per anziani/casa di riposo».
E, poi, viene messo nero su bianco un altro aspetto. «Risulta che, da gennaio 2020, l’azienda agricola aveva stipulato con la “Camst spa” una convenzione per la fornitura di pasti preconfezionati a domicilio, provvedendo solo allo sporzionamento presso la cucina della struttura». Gli inquirenti rammentano che, secondo la legge regionale 25/1996 “Disciplina dell’agriturismo”, «almeno l’80% del valore annuo della materia prima utilizzata per la somministrazione di pasti e bevande deve essere di produzione aziendale. Più specificamente: “Nell’esercizio dell’agriturismo almeno l’80% del valore annuo della materia prima utilizzata per la somministrazione di pasti e bevande, con l’esclusione dei prodotti necessari alla preparazione degli alimenti e dell’acqua minerale, deve essere di produzione aziendale o acquistata da altri produttori agricoli singoli o associati della regione Fvg, sempreché di provenienza regionale, nonché prodotti delle aziende aderenti ai consorzi di tutela Dop, Igp, Do e Igt del Fvg e di quelle che producono prodotti regionali tradizionali». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo