Albanese a Trieste: «Spaventa la mancanza di empatia di chi non sa vedere ciò che accade a Gaza»
A Trieste la relatrice speciale Onu per i territori palestinesi occupati ha ricevuto il Premio speciale Luchetta: «Bambini esposti agli attacchi»

Il teatro Miela di Trieste gremito esplode in una standing ovation quando Francesca Albanese sale sul palco. Fuori sono rimaste centinaia di persone, dentro ogni posto è occupato. La relatrice speciale Onu per i territori palestinesi occupati ha appena terminato un incontro con oltre mille studenti all’Università di Trieste, organizzato da Link Trieste, Assemblea per la Palestina e Salaam ragazzi dell’olivo-Trieste.

Ora, introdotta da Daniela Luchetta, riceve – nel pomeriggio che apre le Giornate del Premio Luchetta – il riconoscimento per meriti umanitari nella tutela dell’infanzia.
La presidente della Fondazione legge la motivazione ufficiale: «Abbiamo deciso di dare il premio 2025 per meriti umanitari a Francesca Albanese, per aver da subito denunciato che quanto stava accadendo a Gaza e Cisgiordania si configurava come crimine di genocidio, come confermato dalla Commissione Speciale Onu». Un’opera che «le ha procurato isolamento intimidatorio».
«Mi dispiace veramente tanto che questo premio alla fine sia stato anche divisivo», dice Luchetta, riferendosi alle contestazioni da parte della Comunità ebraica locale.
«La Fondazione difende i diritti umani e dove questi vengono violati è giusto far sentire la propria voce». È una Fondazione, aggiunge la presidente, che in 31 anni «ha ospitato centinaia e centinaia di bambini» e sta aspettando «un bambino da Gaza da qualche mese», sperando arrivi «col primo corridoio umanitario disponibile».
«Come relatrice speciale – esordisce Albanese, che sarà poi protagonista di un incontro sul tema “Il diritto alla Vita dei bambini e delle bambine palestinesi” – ho dedicato due anni fa il mio terzo rapporto all’infanzia, a cosa significa essere un bambino palestinese che vive sotto occupazione», spiega.
«L’ho riassunto in un titolo: unchilding, che significa privare l’infanzia del suo significato più vero: la leggerezza, la spensieratezza». I bambini palestinesi «non ce l’hanno, hanno sempre vissuto in condizioni di grande precarietà, senza protezione delle autorità statali», dice. L’occupazione israeliana ha creato una situazione in cui «i bambini sono sempre stati esposti agli attacchi dei coloni, dei soldati. Una piaga sistemica si evidenziava nei numeri di arresti di minori anche di 12 anni, con processi in corti marziali».
Il quadro si sposta su Gaza. «Almeno 20mila i bambini accertati come uccisi dalle bombe del fuoco israeliano, e migliaia quelli amputati senza anestesia». Albanese descrive una categoria creata per la prima volta a Gaza: un «acronimo che significa minore rimasto senza alcun parente». «La cosa che mi preoccupa di più è l’incapacità di troppi di guardare a quanto sta accadendo al popolo palestinese, all’infanzia», si limita a rispondere alle polemiche. «Questa incapacità di vederli come vittime. Sono dei sopravvissuti e non se ne sente il dolore, questa mancanza di empatia mi spaventa».
Paolo Rumiz ha difeso l’assegnazione del premio parlando della necessità di «sentire le voci scomode». Dice Albanese: «Capisco la difficoltà di tanti nel vedere i palestinesi, ma quanto accade all’infanzia palestinese è documentato, verificato». Gli Usa hanno colpito Albanese con sanzioni che le impediscono di presentarsi fisicamente all’Onu. «Le sanzioni sono una forma di censura finanziaria», spiega. «Questo mette in pericolo tutti quanti, crea situazione di gelo perché noi operiamo sulla base della fiducia».
Albanese vede però segnali di speranza. «Sono scesi in milioni in piazza e i primi a farlo sono stati i più giovani». È un movimento che il popolo palestinese ha percepito: «È stato bello vedere come i bambini palestinesi, tramite la tecnologia, ringraziavano il popolo italiano sceso in piazza per loro». «Voglio riconoscere il coraggio ai più giovani, a studentesse e studenti che già da fine 2023 si sono battuti chiedendo il rispetto della legalità», aggiunge. È in loro che vede la speranza, perché «gli strumenti per camminare verso la pace ci sono, anzi ce n’è uno: è il diritto».
Dal Miela ribadisce: «È necessario sostenere questo movimento perché riesca a cambiare pacificamente le decisioni politiche». È l’ora di «sospendere le relazioni militari con Israele», perché senza il sostegno internazionale «l’occupazione illegale» non potrebbe continuare. «La pace – dice Albanese scendendo dal palcoscenico del Miela fra gli applausi – si costruisce con la pace».
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