Allenatore arrestato a Trieste, sedici le famiglie che hanno denunciato

Sedici denunce per altrettanti minori coinvolti. L’indagine della Squadra mobile di Trieste, diretta dal pubblico ministero Lucia Baldovin, è delicata e complessa.
Delicata perché le vittime – fin qui presunte – sono minorenni. E la Mobile deve procedere con tutte le cautele previste in questi casi: i ragazzi (due sono già stati sentiti nei giorni scorsi) saranno sentiti in forma «protetta». Ciò significa che saranno accompagnati dagli psicologi.
La complessità, per gli inquirenti e gli investigatori, sta proprio nella quantità di denunce da accertare, sporte dalle rispettive famiglie: sedici, come detto, ognuna accompagnata da racconti (alcuni dei quali molto simili tra loro) sul comportamento dell’allenatore di calcio indagato. I ragazzini si sono confidati con i genitori su cosa sarebbe accaduto nelle docce, negli spogliatoi e in automobile. Alcuni hanno anche ricevuto messaggi «strani» dall’allenatore.
Una mole di elementi, insomma, che i poliziotti, con il coordinamento del pm Baldovin, stanno via via raccogliendo per comporre l’intero quadro indiziario.
Un lavoro di una certa difficoltà per la Squadra mobile di Trieste, che negli ultimi anni – tra omicidi, accoltellamenti, arresti per traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, furti di farmaci anti tumorali negli ospedali e furti nelle ville del Carso – ha già dato prova di una notevole abilità investigativa, come peraltro ha anche riconosciuto pubblicamente, in una recente intervista rilasciata al Piccolo, il precedente questore Giuseppe Petronzi. —
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