Alma, Scavone sotto torchio per oltre sette ore

TRIESTE Sotto torchio per oltre sette ore. Ieri, a tarda sera, trapelava ancora poco sull’interrogatorio di Luigi Scavone, per la prima volta davanti al pool di magistrati che ha indagato su di lui. Secondo quanto emerso l'uomo ha ammesso parte delle sue responsabilità.
Il quarantacinquenne, ritenuto amministratore di fatto del gruppo Alma Spa nonché ex presidente della Pallacanestro Trieste, dopo il silenzio davanti al gip aveva deciso di parlare ai pm. Lo aveva annunciato e poi confermato il suo legale di fiducia, l’avvocato Alfonso Furgiuele.
L’ipotesi di reato contestata è pesante: un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali.
Scavone, ex poliziotto, originario di Potenza, è in carcere dal 26 marzo dopo il blitz dei finanzieri nella sua villa di Napoli. I militari hanno trovato nella sua abitazione uno zainetto con ben 304 mila euro in mazzette e un biglietto aereo pronto per Dubai.
Durante la perquisizione le Fiamme gialle hanno sequestrato anche una decina di Rolex e altri oggetti di valore.
Ma erano due anni che gli investigatori avevano allungato la lente sul giro di affari della sua azienda. Gli inquirenti della Procura partenopea sono convinti che dietro alla scalata imprenditoriale della società di lavoro interinale si celi un’evasione da 70 milioni di euro. Sotto la lente dei pm sono finiti il gruppo Alma Spa e altre società collegate. La bomba giudiziaria non ha comunque travolto la squadra di basket, di cui l’Alma detiene il 94% delle quote.
Il pm si sono trovati dinnanzi a quello che hanno definito come un «sofisticato e imponente» sistema per frodare il fisco che ruotava attorno a un meccanismo di indebite compensazioni di crediti di imposta. Questa, almeno, la pista investigativa imboccata dalla Procura. Una presunta frode, dunque, grazie alla quale l’imprenditore e i presunti complici non avrebbero pagato imposte, contributi previdenziali e assistenziali. L’escamotage? Il “trucco” delle compensazione di crediti tributari fittizi.
Secondo gli inquirenti alcune società, prive di strutture operative o mezzi imprenditoriali adeguati (le cosiddette «cartiere») formalmente estranee al gruppo ma di fatto riconducibili anche a Scavone, avrebbero creato un credito Iva inesistente con false fatturazioni. Il credito veniva ceduto alle società del gruppo con un contratto certificato da professionisti compiacenti. Così facendo le imprese del gruppo avrebbero azzerato i loro carichi tributari utilizzando il falso credito Iva. L’intera inchiesta è stata condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Napoli e dalla Sezione reati economici della Procura partenopea.
In questi giorni Scavone ha studiato in carcere il fascicolo con le imputazioni contestate. Il suo avvocato ha presentato istanza di riesame della misura cautelare. —
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