Amianto, indennizzi per 7 milioni

Sono 7 i milioni di euro che l'Inca Cgil di Monfalcone, supportato dallo studio legale Moro di Padova, ha finora ottenuto da Fincantieri. A tanto ammontano i risarcimenti stabiliti dal giudice del Lavoro di Gorizia o pattuiti in sede di conciliazione per 266 lavoratori esposti e 34 morti d'amianto. In totale i fascicoli aperti all'Inca dalla fine del 2009 sono però 700 e riguardano ora anche lavoratori ex Enel della centrale termoelettrica, Ansaldo, Detroit e del porto di Monfalcone. L'azione decisa quattro anni fa per garantire una tutela e il riconoscimento della sofferenza, fisica e psicologica, anche a chi ha “soltanto” delle placche nei polmoni ha però portato ad altri risultati significativi.
È quanto è emerso ieri nell'incontro promosso dalla Cgil per fare il punto della situazione dopo la sentenza del primo maxi-processo d'amianto. Lo studio legale guidato dall'avvocato Giancarlo Moro, che ha creato un vero e proprio team specializzato e composto da funzionari sindacali e consulenti medico-legali, rivolgendosi anche all'Università di Ancona, è riuscito a ottenere il riconoscimento del danno esistenziale nel caso di un lavoratore malato di mesotelioma, ma ancora in vita. Oltre ad alcune sentenze che hanno riconosciuto come causa prevalente della malattia l'amianto e non il tabagismo in lavoratori esposti, ma anche fumatori.
L'ultimo filone è quello dei ricorsi contro l'Inps avanzati sempre al giudice del Lavoro per il riconoscimento dei benefici pensionistici dovuti a chi è stato esposto per almeno dieci anni. «Il problema si poneva quindi per quei lavoratori assunti da Fincantieri negli anni '80 - ha spiegato Moro -, vista l'entrata in vigore a luglio del 1992 della legge di totale messa al bando del minerale. Una perizia tecnica molto dettagliata ha invece dimostraro che la realtà dei fatti era un'altra, accertando l'esposizione fino al 31 dicembre del 1994 per cinque lavoratori che utilizzavano le saldatrici one-side». A fare giustizia nelle morti d'amianto di ex lavoratori del cantiere navale di Monfalcone è arrivata la sentenza del primo maxi-processo per le morti d'amianto. Il risultato, però, rischia di essere molto parziale: a causa dei numeri eccezionali dell'"epidemia", l'insufficienza delle strutture giudiziarie, l'età degli imputati. «Ecco perché la Cgil ha deciso di imboccare dalla fine del 2009 - ha sottolineato ieri il segretario provinciale della Cgil, Paolo Liva - e di continuare a perseguire la strada delle cause civili individuali per tutelare tutti». Anche chi rischiava di non avere alcuna voce, né in sede penale né in quella di riconoscimento del danno biologico da parte dell'Inail.
«Nei processi penali la Cgil ci sarà sempre - ha affermato ieri l'avvocato Moro -, ma si è anche detta che i procedimenti penali, per com'è il quadro a livello provinciale, non potevano esaurire tutti gli obiettivi di tutela». E che il luogo in cui avanzare le proprie rivendicazioni risacitorie è il tribunale del Lavoro. «Va detto, però, che Fincantieri ha accettato un confronto serio - ha affermato ieri l'avvocato Moro -. Tant'è che gran parte delle pratiche si chiudono con una concertazione decorosa». In un caso, quello di un lavoratore ammalato di asbestosi (e deceduto solo in seguito), il risarcimento ha superato i 400mila euro. Per 16 famiglie di cantierini deceduti a causa di un mesotelioma il riconoscimento è avvenuto invece tramite sentenza. L'azione dell'Inca Cgil ora sta superando i perimetri del cantiere navale, perché sono già a un livello avanzato le cause avviate da lavoratori ex Enel e Ansaldo davanti al giudice del Lavoro.
«La sentenza del primo maxi-processo è però fondamentale - ha sottolineato ieri il segretario provinciale Liva -, perché individua con certezza le responsabilità, non lascia impunite quelle morti e, nello stesso tempo, crediamo serva da monito e da deterrente per quegli imprenditori che non rispettano le regole della sicurezza sul lavoro».
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