Andavano al caffè e dialogavano con l’Europa: le intellettuali e scrittrici che Trieste ha scordato

Prosatrici, traduttrici, giornaliste tra ’800 e ’900. Un buco di memoria che restituisce un passato parziale
“Letture nel parco” dell’illustratrice e designer triestina Daria Tommasi. Ha illustrato “La losca storia di Mary Shelley” per l’editore Franco Cosimo Panini
“Letture nel parco” dell’illustratrice e designer triestina Daria Tommasi. Ha illustrato “La losca storia di Mary Shelley” per l’editore Franco Cosimo Panini

Sono arrivata a Trieste alla metà degli anni Novanta dopo aver vissuto in molte città italiane ed estere, ormai è la città dove ho vissuto più a lungo, anche più della natia Genova. Quando arrivi in una città così letteraria, da adulta, hai già letto molto degli scrittori e scrittrici che la raccontano: Svevo, Saba, Stuparich, Slataper, Elody Oblath, Fausta Cialente, Natalia Ginzburg, presumi di conoscerla, di capirne l'anima segreta. Invece, almeno in quegli anni ancora carichi di una certa tensione che non comprendi, ti accorgi che sei un pesce che nuota in un mare assai burrascoso e ignoto del tutto.


Ci sono voluti anni, pazienza, cura dei dettagli per arrivare a capire una complessità introversa che sembra semplice noncuranza e spavalda asserzione, un vivere il limite con infingarda sregolatezza e sprezzo del pericolo, per le molte e diverse anime, spesso contraddittorie, che coesistono in questo luogo.


Ci sono volute, almeno per me, le mediazioni delle donne. A partire dal social service di scrittura creativa svolto per anni al Centro Donna Salute Mentale in via Gambini, in Androna degli Orti, con i miei studenti del Collegio del Mondo Unito di Duino. Poi le Associazioni di donne con cui abbiamo ideato e costruito, grazie alla Provincia, la Casa Internazionale delle Donne di via Pisoni, molto attiva sul territorio; più recentemente, la Casa editrice Vita Activa, nata dal sogno di alcune di mettere le proprie competenze e passioni al servizio di una operazione culturale ben radicata in città, e che allarga lo sguardo oltre in confini regionali e nazionali.
E ci sono voluti i libri, quelli scritti personalmente, come il cospicuo lavoro di storia orale che insieme a Silvana Rosei, Dunja Nanut, Gabriella Ziani e Marina Rossi abbiamo intrapreso intervistando oltre 40 narratrici, giornaliste, artiste, scienziate, docenti, storiche triestine, di diverse provenienze culturali e linguistiche, per tracciare un panorama articolato e di vita vissuta della città e della sua storia particolare, intitolato: “Donne di frontiera”, (voll. I-II, Il Ramo d'Oro, 2007). E quelli letti, come “Bianco, rosa e verde”, di Roberto Curci e Gabriella Ziani, (Lint, 2008), lavoro eccellente di ricca documentazione che ha portato in evidenza un mondo sommerso di scrittura, cultura e intelligenza femminile, tra Ottocento e Novecento, cui la città ha prestato scarsa attenzione.


Trieste è una città avara con le sue donne, come altre città italiane e non solo. Non le ricorda facilmente, non ne ha capito l'intraprendenza e la lungimiranza, le capacità creative, organizzative e di pensiero che hanno contribuito in misura notevole alla sua ricchezza intellettuale e alla sua fama. Oltre il luogo comune delle donne libere che nel passato osavano frequentare da sole i caffè e le osterie o intraprendevano attività commerciali, non ha valorizzato abbastanza le sue intellettuali, le sue numerose scrittrici, giornaliste, traduttrici che nell'Otto-Novecento intrattenevano rapporti con intellettuali e politici in Italia e in Europa.
Chi ricorda oggi Willy Dias (Fortuna Morpurgo, 1872-1956) che oltre a scrivere romanzi rosa noti in tutta Italia (con cui manteneva la sua numerosa famiglia) era anche valente giornalista, traduttrice, non si piegò al fascismo, fu scrittrice di racconti di notevole finezza e acume? O Elda Gianelli, Ida Finzi, Nella Doria Cambon, e numerose altre.


Non si tratta di restituire loro una visibilità scomparsa, mentre un tempo erano famose e apprezzate; è Trieste che soffre di un buco di memoria che non le restituisce il suo intero passato.
Come scrittrice ho cercato di avviare e promuovere una riflessione su questi temi, per amore della città che ormai sento mia, perché le discordanze di cui si nutre sono anche capaci di disvelarne il fascino. —
 

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