Ater, a Trieste raddoppiata la morosità

Oltre mille famiglie hanno chiesto la riduzione del canone, nel 54% dei casi per perdita del lavoro
Di Gabriella Ziani

Dal bando precedente del 2006 le domande per una casa Ater sono aumentate del 21%, da 3.700 a 4.503 quelle accettate (le totali erano 6200), l’Ater nel 2014 potrà soddisfare solo il 20% delle richieste (nel 2013 l’indice è stato del 50%), la morosità in pochi anni è raddoppiata e intacca per il 2% i bilanci, la richiesta di riduzione del canone di affitto è arrivata nel 2013 da 1042 famiglie nel 54% dei casi per la perdita del lavoro, il che ha comportato per l’Azienda un minore introito di oltre mezzo milione di euro, mentre le persone che usufruiscono del canone di fascia A (49 euro al mese, per redditi familiari inferiori ai 14 mila euro all’anno) hanno raggiunto il 56% del totale degli inquilini, pari a 1600 famiglie su un totale di 21 mila individui. Il 14% degli abitanti Ater paga solo 18 euro al mese, per indigenza. Nel 2010, ultimo bando, il 25% dei richiedenti ha dichiarato un reddito familiare inferiore ai 2.500 euro, il 29% del totale si è dichiarato “in stato di bisogno” avendo non più di 3.900 euro annui singolarmente o 4.458 per nucleo familiare. Ancora un dato: per l’abbattimento del costo degli affitti sul libero mercato con soldi che i Comuni “girano” ai richiedenti (e che a Trieste sono momentaneamente bloccati per verifiche sulle dichiarazioni) la Regione ha stanziato 6 milioni di euro e ricevuto dal territorio domande per 28. Tanto è bastato ieri alla presentazione della sesta edizione del Bilancio sociale dell’Ater per far dire al presidente Claudio Serafini che la situazione «fa venire la pelle d’oca» e all’assessore regionale alla Pianificazione territoriale e ai Lavori pubblici Maria Grazia Santoro che si tratta «di cifre da brivido».

Con la particolarità che Trieste è in Fvg l’emergenza-casa più grande, col 50,5% di domande di casa da parte di donne, che nel 57% già sono titolari di un contratto, e inquilini che nel 49% dei casi hanno più di 65 anni di fronte a un patrimonio immobiliare che ancora ha 520 edifici di quattro piani privi di ascensore.

Trieste, la città spaccata in due, se i dati Inps dimostrano che qui i pensionati se la passano piuttosto bene. Sono le famiglie a patire, sull’orlo di perdere il tetto. In una casa Ater vive a Trieste il 36% del totale di chi abita in affitto, equivalente al 9% della popolazione totale, «e il prossimo anno riusciremo, tra nuovi alloggi e turn-over, a soddisfare circa 1000 richieste - ha ammesso il direttore Antonio Ius -, il 20%, appena un quarto». Alla Regione richieste di maggiori fondi per ingrandire il patrimonio, ma come Santoro ha ricordato il bilancio regionale ha dovuto rimandare di un semestre il capitolo investimenti. Ha però aumentato di 100 mila euro l’investimento sul fondo sociale che consente gli affitti al minimo. Nel 2012 l’Ater di Trieste aveva ricevuto quasi 5,3 milioni a questa voce, che hanno portato a una “remunerazione sociale” (cioé a un risparmio rispetto ai canoni di mercato) di 9,3 milioni, +5,5% rispetto al 2010. L’Ater promette pur in fase di calo di entrate di proseguire con restauri e manutenzioni, e annuncia (anche questo è bilancio sociale) che il valore aggiunto globale è cresciuto in due anni del 14%, ma che «le imposte sono salite del 65%». «Spaventoso - ha commentato Ius - spendiamo più di tasse che per i dipendenti». Ora è sparita l’Imu, ma di ciò si è parlato a parte.

Sul territorio nel 2012 l’Ater ha impegnato per lavori 564 fornitori (+150 rispetto al 2011), nel 70% dei casi sono imprese triestine, destinatarie di 20,6 milioni di euro. In media negli ultimi 3 anni l’Ater ha speso sul territorio provinciale e regionale 33 milioni di euro.

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