Austria, i profughi sfondano il cordone

UDINE. Ci vorranno dieci giorni per capire in che modo l’Austria intenda creare l’annunciata barriera al confine con la Slovenia, in prossimità del valico di Spielfeld, attraversato attualmente da 4 o 5 mila persone al giorno. È questo il termine che la ministra degli Interni Johanna Mikl-Leitner si è posta per dare il via alla realizzazione dell’opera. E nel frattempo ha cercato di smorzare le reazioni che la sua proposta ha scatenato in Austria e all’estero. Basti dire che per domani sono annunciate in Stiria tre manifestazioni, tutte a ridosso del confine, presumibilmente per protestare contro l’erezione di nuove barriere. È prevista la partecipazione di un migliaio di persone, che marceranno lungo la statale B67, quella stessa che porta a Graz e che viene usata abitualmente dai profughi più impazienti, che decidono di mettersi in viaggio a piedi.
Intanto ieri al confine tra Slovenia e Austria, al campo di transito di Šentilj, centinaia di migranti e profughi, molti con bambini in braccio, hanno sfondato le barriere metalliche dopo ore di attesa al freddo e sotto la pioggia. In altri campi di accoglienza ci sarebbero state anche risse e scontri tra migranti in attesa.
A 24 ore dall’annuncio del proposito di creare un filtro al confine, la questione sta diventando lessicale. La prima definizione usata dalla ministra era stata di “bauliche Massnahmen” (“provvedimenti costruttivi”), poi di “technische Sperre” (“sbarramento tecnico”), infine di “intelligente Grenze” (“frontiera intelligente”). Di tutto e di più, per non dover usare l’abborrita definizione di “barriera”.
Del resto era stato lo stesso cancelliere Werner Faymann, intervistato al telegiornale dell’Orf della tarda sera, a dichiarare che «non sarà montata nessuna recinzione né verso la Slovenia, né verso l’Ungheria» e che «a nemmeno un singolo migrante sarà impedito di entrare in Austria».
A questo punto vien da chiedersi che cosa avesse in mente Mikl-Leitner. La quale, comunque, ha spiegato che la sua sola preoccupazione è che i controlli dei profughi in arrivo possano essere svolti in piena sicurezza e senza incidenti. In alcuni momenti – questo l’esempio portato – la ressa è tale che chi si trova in prima fila, soprattutto donne e bambini, rischia di rimanere schiacciato sotto la spinta di chi sta dietro. Insomma, la recinzione che si intende, dovrebbe servire soltanto a incanalare i profughi verso i centri di identificazione al confine e non impedire il loro passaggio. Al lavoro della polizia si affianca quello dell’esercito, soprattutto nel trasporto dei migranti. Sono oltre 1500 i militari impegnati, tutti professionisti.
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