Slovenia, oltre 102mila arrivi in 12 giorni

Lubiana respingerà i migranti economici: entrerà solo chi ha diritto all’asilo politico. Pronte le barriere, no agli agenti Frontex
Operatori della Croce Rossa distribuiscono acqua ai rifugiati a Sentilj, in attesa di passare in Austria
Operatori della Croce Rossa distribuiscono acqua ai rifugiati a Sentilj, in attesa di passare in Austria

LUBIANA. Oramai non c’è giorno che nei Balcani occidentali non si faccia segnare un record. Un triste primato. Come quello registrato ieri dalla Slovenia che ha superato quota 100mila per quanto riguarda l’arrivo di rifugiati arrivati dal 17 ottobre. Oltre 9mila alle 17 di ieri sera. Il numero totale di arrivi da quando l’Ungheria la propria frontiera il 17 ottobre scorso, si è attestato a 102.757. Circa 11.500 rifugiati sono stati fermati nei centri di registrazione e di accoglienza allestiti in tutto il Paese, oltre 4mila solo nella tendopoli di Šentilj, al confine con l’Austria. Quattro treni provenienti dalla Croazia sono arrivati al valico di confine con la Slovenia di Dobova durante la notte e le prime ore della mattina, ma sono in attesa altri due convogli ferroviari nel corso della notte.

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Sotto il “peso” di queste cifre ieri pomeriggio si è riunito il governo di Lubiana che ha delineato il piano operativo a seconda dell’evolvere della situazione. Al termine dei lavori si è presentata in sala stampa un affannata ministra degli Interni, Vesna Györkös Žnidar che però, pur mantenendo un stretto riserbo sui contenuti del piano dell’esecutivo ha espresso alcune posizioni ben precise. Innanzitutto la Slovenia nella fase di controllo e di identificazione dei migranti, come derivatele peraltro dagli accordi di Schengen di cui è confine esterno, respingerà tutti i cosiddetti “migranti economici”, persone cioè che non hanno diritto di chiedere asilo politico in quanto provenienti da Paesi in cui non è in atto alcuna guerra o crisi intereligiosa o interetnica.

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E qui scatta la prima polemica. «Noi non siamo il confine esterno dell’Unione europea - ha affermato la ministra - per cui sarebbe opportuno che questo tipo di controlli e di “scrematura” avvenisse in Grecia o in Italia». «I nostri poliziotti - ha poi ribadito - lavorano nel pieno rispetto di quelle che sono le normative di Schengen che non mi risulta sia stata abolita. Siamo un Paese di transito, dove i migranti non vogliono restare, ma dobbiamo comunque svolgere, nel nome della sicurezza dell’Unione europea e del nostro Paese, un’accurata opera di controllo di chi entra e poi attraversa la Slovenia».

La Györkös Žnidar ha poi precisato come una delle priorità della Slovenia in questo preciso momento è di provvedere a offrire un’adeguata assistenza ai migranti a fronte del peggiorare delle condizioni atmosferiche e l’inverno incombente. Per questo motivo si stanno identificando alcuni centri di accoglienza nel Paese che saranno “dedicati” principalmente ai bambini e alle donne incinte. La ministra, sul tema delle barriere per incanalare il flusso dei migranti, «incanalare - ha precisato - non bloccare», le ha definite una sorta di estrema ratio e ha sostenuto di essere in continuo contatto con la sua collega austriaca per avere il massimo coordinamento degli sforzi di gestione del flusso.

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Il governo sloveno, infine, nella riunione di ieri ha nuovamente ribadito il proprio “no” al dispiegamento di forze Frontex sui suoi confini come proposto dall’ultimo vertice Balcani-Ue sull’emergenza rifugiati. «Gli uomini Frontex - ha precisato la Györkös Žnidar - possono secondo le norme Ue essere operativi, in casi di crisi, solo ai confini esterni dell’Europa, mentre noi siamo confine esterno sì, ma dell’area Schegen». Insomma, la Slovenia vuole proseguire utilizzando tutte le sue forze senza aiuti esterni, pur sottolineando come il problema migranti sia un problema europeo. E lo sa bene l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue, Federica Mogherini che senza remore sostiene come la crisi dei migranti rischia di «intaccare la credibilità» della Ue e rischia di diventare «un danno strutturale», sostenendo che «nessun Stato membro può risolvere la crisi da solo, nè la Germania nè Malta».

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