Avalon, chiesti 2 milioni di danni

RONCHI DEI LEGIONARI. Due milioni di euro a titolo di risarcimento danni. È la richiesta avanzata l'altro giorno in aula, a Trieste, dall'avvocato Massimiliano Marchetti, legale di Sonia Pugnetti, nel processo sull'esplosione avvenuta il 7 dicembre 2011 nel centro Avalon di Borgo Grotta Gigante.
Nell'incidente era rimasta gravemente ferita appunto Sonia Pugnetti, istruttrice di nuoto, raggiunta da una nube di gas infuocata, che le aveva provocato una lesione da scoppio su tutta la gamba sinistra, oltre alla frattura della tibia.
In aula Marchetti ha dunque quantificato la richiesta risarcitoria per le conseguenze riportate dalla propria assistita, rilevando inoltre a margine dell'udienza come il decorso relativo alle lesioni stesse non sia peraltro ancora completato.
Nel corso dell'udienza, la parola è passata poi agli avvocati Giorgio Borean e Riccardo Seibold, difensori del medico imprenditore di Ronchi dei Legionari Michele Quinto, amministratore dell'Avalon, a giudizio con l'accusa di cooperazione in disastro colposo e lesioni gravissime.
Il processo, per quanto concerne Quinto, si sta celebrando con rito abbreviato. Borean e Seibold hanno chiesto davanti al gup Guido Patriarchi l'assoluzione per l'amministratore del centro Avalon, rilevando come lo stesso non abbia avuto a loro avviso alcuna responsabilità nell'esplosione considerato che la manutenzione della piscina era stata affidata al tecnico Stefano Furlan (titolare della ditta Acquatecnica), a sua volta sotto accusa per cooperazione in disastro colposo e lesioni gravissime, e inoltre che quanto successo - sempre la posizione dei difensori di Quinto - era stato un evento non prevedibile.
Il pm Matteo Tripani, titolare dell'inchiesta, aveva chiesto nella precedente udienza la condanna di Quinto a due anni di reclusione e a 1.500 euro di multa, con la sospensione condizionale della pena vincolata al risarcimento danni delle parti civili.
Il pubblico ministero accusa Quinto e Furlan di aver cagionato indirettamente l'esplosione del serbatoio di 500 litri di reattivo clorante per la sanificazione delle acque della piscina. Michele Quinto, in virtù del suo ruolo di amministratore del centro, è ritenuto da Tripani responsabile della violazione di una serie di norme relative alla prevenzione degli infortuni. A Stefano Furlan il pm contesta di non aver proceduto a un accurato lavaggio del serbatoio per eliminare l'eventuale residuo di ipoclorito, prima di aggiungere il dicloroisocianurato. Al termine dell'udienza il giudice Guido Patriarchi ha aggiornato il processo al 10 febbraio 2014.
(m.u.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo