“Azzurra” si rilancia tra conferme e appelli

Fondazione CRTrieste sempre al fianco dell’Associazione malattie rare. «Ma serve sostegno da altri enti»
Di Benedetta Moro

«Non è più un progetto, ma un servizio». Per l’undicesimo anno consecutivo, con molteplici risultati positivi alle spalle, la Fondazione CRTrieste sostiene ancora il progetto “Quattro passi”, ovvero l'idea innovativa di “Azzurra - Associazione malattie rare onlus”, nata nel 2005, che si è messa a disposizione di 12 famiglie, inizialmente sei, di bambini colpiti appunto da malattie rare. Focalizzandosi però su un supporto sociale più che infermieristico e assistenziale. Tredici infermieri professionisti assieme a un operatore socio-sanitario e a tre operatori socio-educativi consentono infatti ai genitori di avere del tempo, circa quattro ore settimanali, con due principali obiettivi: offrire alla coppia la possibilità di poter svolgere normali compiti quotidiani, come fare la spesa, e l’opportunità di dedicare un po’ di tempo a se stessa. Un contributo che in termini economici equivale a 50mila euro. «Non è una semplice duplicazione di risposte esistenti - ha sottolineato Lucio Delcaro, vicepresidente del Cda della Fondazione - ma cerca di affiancarsi e integrarsi con quanto già offerto, mirando allo sviluppo di nuove buone pratiche per favorire inclusione sociale».

Il percorso negli anni si è adattato alle esigenze dei diretti soggetti a cui questo servizio si rivolge. «Il progetto di vita è cambiato - ha commentato Alfredo Sidari, presidente di Azzurra -. Da 16 ore al mese, inizialmente sufficienti, ne offriamo oggi 48, perché i nostri bambini sono cresciuti, sono diventati adulti. Se non ci fosse stata la Fondazione, non ce l’avremmo fatta. Le cose però per noi non sono cambiate, ci restano tanti problemi». Ci sono insomma ancora delle lacune da colmare, ma non in "Quattro passi". Le responsabilità sono di altri. A dirlo è una mamma, Isabella Grion, che in prima persona ha vissuto la malattia rara di sua figlia. «In 20 anni per Francesca ho sempre detto davvero grazie. A partire dalle persone che volontariamente si sono avvicinate a lei. Ma oggi mi sento un po’ in difficoltà - ha ammesso - perché in quest’ultimo anno Francesca si è aggravata, i bisogni sono più forti, non solo dal punto di vista fisico. Si tratta anche di una maggiore fatica emotiva. Dover affrontare la grave malattia di un figlio, emotivamente, ti distrugge. Io ho maggior bisogno, adesso, che qualcuno mi aiuti ad affrontare questo momento. Ma non c’è un servizio di cure palliative, questo è un grande deficit per quanto riguarda l’Azienda sanitaria». A cercare di dare una risposta è stato Delcaro: «La società in generale deve farsi carico di questo problema, la Fondazione come tutti è chiamata a fare qualcosa, che vuol dire supportare. Certamente mi farò da tramite per sensibilizzare il Cda su questo problema che si è aggravato. Ma la risoluzione di questo problema richiede in campo la società, cioè tutti coloro che possono e devono intervenire, quindi le amministrazioni pubbliche e gli ospedali».

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