Balcani in ginocchio. «È come in guerra»

BELGRADO. Sole, caldo, cieli attraversati da qualche nuvola. La natura sta mostrando la sua faccia più serena, nei Balcani martoriati dalle alluvioni. Ma è tutta apparenza, come un sorriso dopo le ingiurie. Apparenza perché i Balcani, mentre i grandi fiumi rimangono gonfi d’acqua, non riescono a nascondere cicatrici che solo molto lentamente si rimargineranno. E osservano, come in Bosnia, conseguenze «terrificanti», un livello di «distruzione che non è inferiore a quello prodotto dalla guerra». Bosnia dove si piangerà a lungo per l’alluvione che ha «colpito direttamente o indirettamente» un quarto dei quasi quattro milioni di abitanti, reso inabitabili «più di centomila alloggi» e almeno duecento scuole e ambulatori, spaccato montagne e sgretolato colline con duemila smottamenti.
È questo l’elenco parziale dei danni prodotti nel Paese balcanico dalle inondazioni, reso pubblico ieri dal ministro degli Esteri bosniaco, Zlatko Lagumdzija. Nessuna esagerazione, la Bosnia è in ginocchio. Bosnia, nazione dove «durante il conflitto tantissima gente perse tutto e ora, di nuovo, non ha più nulla», ha ricordato Lagumdzija, mentre il premier Bevanda ha parlato di un esodo interno di 950mila persone. Nazione che dovrà aspettare per sapere quante vittime le acque hanno mietuto.
Il bilancio ufficioso è fermo a una trentina di morti, le autorità non si sbilanciano. Prima vanno rese sicure le città ancora a rischio, come Brcko, Bijeljina, Orasje. Poi, quando procederanno più spedite le operazioni di rimozione di macerie e fanghi, si potranno dare cifre certe. E parlare di ricostruzione. Ricostruzione che nelle aree serbe devastate è ancora una meta lontana, anche se l’Ue ha specificato che la Serbia - Paese candidato a differenza della Bosnia - può contare su un miliardo di euro dal Fondo di solidarietà. E su 50 uomini della Protezione Civile del Fvg, che partiranno nel giro di 2-3 giorni assieme ad altri 25 da Trento e un gruppo del Molise, per portare soccorso alle popolazioni colpite. Serbia - 600mila quelli che hanno subito conseguenze per le alluvioni secondo lo United Nations World Food Programme -, dove la situazione rimane grave, malgrado le acque si stiano ritirando dai paesi sommersi, inclusa Obrenovac, 13 i morti recuperati. Obrenovac dove ieri è stata però ordinata una nuova evacuazione per un’ondata di piena della Sava – la prossima è attesa domani - mentre altri villaggi nei pressi di Sabac venivano svuotati per precauzione. E fa paura la Drina, in particolare a Mali Zvornik, dove incombe sul fiume un’enorme frana. A parte i morti, venti in tutto, la Serbia dovrà poi fare i conti con centinaia di milioni di euro di danni e con migliaia di ettari di terreni allagati, che fanno temere per i raccolti.
E, malgrado le rassicurazioni, preoccupano anche le temperature in aumento, un problema serissimo per i villaggi e paesi devastati dal fango, sia in Serbia, sia in Bosnia, dove spesso scarseggiano acqua e medicine. Infine, la Croazia, martoriata soprattutto nella sua parte orientale. Bilancio aggiornato, i morti sono stati almeno due, altre povere vittime del fango che ha inghiottito i Balcani.
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