Balcani inondati, più di quaranta morti

Cresce il bilancio delle vittime delle alluvioni. Il premier belgradese Vu›i„: «Situazione catastrofica». Resta l’allarme rosso

BELGRADO. La parola cataclisma non è esagerata. Cataclisma, quello causato dalle “poplave”, le inondazioni che hanno messo in ginocchio Serbia, Bosnia e parte della Croazia orientale. Se non fossero bastate le immagini e i video filtrati dalle zone più colpite, coi ponti crollati, le case sott’acqua, le colonne di sfollati che fuggono lasciandosi tutto alle spalle, ieri pomeriggio sono arrivati i dati più aggiornati sul numero delle vittime. Numeri che fanno rabbrividire.

In Serbia sarà la cittadina di Obrenovac, sommersa nei giorni scorsi dalle acque del fiume Kolubara, a dover piangere più morti. Morti che sono almeno dodici, undici annegati, uno deceduto per altre cause, ma la cifra potrebbe salire. Salire mentre i soccorritori – che da sabato notte, con le acque che hanno finalmente cominciato a defluire, hanno avuto maggior libertà d’azione con gli automezzi militari e non solo con le barche - raggiungono quartieri finora isolati. L’annuncio-choc su quante siano le vittime è arrivato direttamente dal premier serbo Vucic, che ha parlato di una «situazione catastrofica». Non è vero, ha aggiunto subito dopo, che «sono crollati interi complessi residenziali» a Obrenovac, ma i metri di acqua che hanno invaso rapidamente la città hanno fatto scempio tra le basse casette unifamiliari a un piano.

In precedenza, il massimo responsabile nella gestione delle emergenze del ministero degli Interni, Predrag Maric, aveva confermato la morte di cinque persone nel resto del Paese, oltre ad aver fornito dati allarmanti che riferiscono di 24mila evacuati - evacuazione che è ancora in corso anche in vari villaggi attorno a Sremska Mitrovica, Sid, Kostolac -, più di 2mila gli edifici allagati, 1.700 danneggiati. In tutto, a ieri, le vittime accertate solo in Serbia sarebbero dunque almeno diciassette. Potrebbe essere però un bilancio per difetto. Ci sono infatti ancora i dispersi, elencati dal sito nestali.poplave.rs, tanti di Obrenovac. «Non riesce a camminare, vive da sola in casa», descrivono i parenti di una signora che abita in città. «Lavoratore sociale, ha moglie e una bimba di un anno», recita un altro disperato annuncio. Nel frattempo, ieri si è continuato a erigere barriere con sacchi di sabbia anche a Belgrado e a difendere dal Danubio – il cui livello continua a salire - la vitale centrale elettrica a Kostolac. Solo mercoledì si potrà infine avere una prima stima dei danni, ma si mormora già di miliardi di euro andati in fumo.

Rimane drammatica e ancora molto confusa la situazione in Bosnia. In varie parti del Paese le acque hanno cominciato a ritirarsi, ma è stata segnalata la contemporanea attivazione di centinaia di frane e smottamenti, che hanno lasciato e lasceranno senza casa moltissime persone. Smottamenti che hanno reso inabitabili o distrutto decine di abitazioni nei pressi di Zvornik e che fanno pure temere, in tutta l’area colpita, per le mine ancora non disinnescate, che potrebbero essersi spostate assieme al terreno o ai cartelli che ne segnalavano la presenza. «Cautela massima», ha avvisato in questo senso la popolazione il Centro per lo sminamento bosniaco. «La catastrofe è orribile, non siamo ancora pienamente coscienti delle sue proporzioni», ha ammesso invece il presidente Izetbegovic, mentre il bilancio ufficioso delle vittime nel Paese balcanico è di 27 morti. La più colpita, Doboj, investita da quello che la polizia locale ha definito un vero e proprio «tsunami», prodotto dal fiume Bosna, ora in fase di abbassamento del livello, città dove servono pompe, stivali e farmaci. Critica rimane ancora la situazione a Bijeljina minacciata dalla Drina, a Samac, Brcko e Orasje, assediate dalla Sava. Anche in Croazia, la cui parte orientale è stata la più flagellata dall’alluvione, si è intanto registrata ieri la prima vittima. E il quadro, già tremendo, rimane in fase di preoccupante evoluzione.

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