Banda ultralarga: a che punto siamo? I dati in FVG e in Italia comune per comune
Nel 2015 veniva inaugurato il piano per cablare il Paese in banda ultralarga: a che punto siamo oggi? Abbiamo cercato di capirlo grazie ai dati di Okla, azienda leader negli speed test di rete relativi agli ultimi quattro mesi del 2020
Daniele Tempera
Una velocità media di download di circa 32.7mbps, e di upload a 14.5mbps, ma con grandi differenze fra aree urbani e aree rurali, città e provincia. È lo stato dell’arte della rete internet in Friuli Venezia Giulia fotografato dai dati di Okla, azienda leader degli speed-test di rete. Dati che si riferiscono agli ultimi quattro mesi del 2020 quando friulani (e italiani) erano alle prese con la seconda ondata di Covid-19 e in molti sperimentavano a loro spese il prezzo del cosiddetto “digital divide”.
Uno standard tutto sommato dignitoso, se confrontato con il resto d’Italia, ma ancora lontano da quella che si definisce "banda ultralarga" . Le velocità di rete di 100mbps in download è l'obiettivo che l’Unione Europea ha fissato per il 2025 per tutte le famiglie europee. E a circa sei anni dall’avvio del piano di banda ultralarga, i ritardi sembrano ancora evidenti.
E se le cose vanno per il meglio in città come Udine in cui si è registrata una velocità media di download di 95mbps, molto vicina agli standard indicati dalla Ue, Trieste (73mbps) e Gorizia (49mbps), lo stesso non si può dire per Pordenone: nel comune la velocità media segnalata dagli utenti è stata di appena 38mbps. Ma guardando la mappa spicca la differenza tra aree più o meno urbanizzate, pianeggianti o di montagna, dove le reti ultraveloci e la fibra ottica fanno più fatica ad arrivare, con le dovute eccezioni. Una di queste è costituita dal comune sparso di Resia o di quello di Chiusaforte, dove la fibra di Open Fiber è arrivata nello scorso aprile, permettendo così ai cittadini di vivere e lavorare anche nel magnifico scenario di una valle pre-alpina. O è il caso di centri urbani come Gemona del Friuli o Grado, dove la velocità della rete è più in linea con gli standard europei che con quelli nazionali. Ma è ancora una copertura a macchia di leopardo: segno di un cablaggio in fibra ottica del territorio che va ancora a rilento. E nel resto d’Italia le cose vanno anche peggio.
Come si osserva dalla mappa sopra, il nostro Paese è schiacciato dall’enorme differenze tra centri urbani e aree rurali dove, almeno fino alla fine del 2020, reti efficienti costituivano ancora un “lusso”, piuttosto che una premessa fondamentale per lo sviluppo e la crescita. Un ritardo che sembra originato anche da problemi infrastrutturali: sono infatti le regioni montane, appenniniche e alpine a scontare i ritardi maggiori, ma anche larghe aree di Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte. Non si riscontra invece una sostanziale differenza tra Nord e Sud del Paese: la dicotomia sembra essere quella tra campagna e città, metropoli e provincia. Un dualismo connesso con i ritardi di copertura nelle aree grigie e bianche, ovvero quelle definite a fallimento di mercato dove opera Open Fiber, società creata da una joint venture di Enel e Cassa Depositi e prestiti. Ritardi che hanno penalizzato aziende, studenti e lavoratori in un momento in cui il digitale è diventato uno strumento indispensabile.
Osservando i primi venti comuni per test di velocità, figurano comuni del vicentino e diversi comuni abruzzesi, oltre che centri urbani di grandi dimensioni come Torino e Milano. Segno che qualcosa si sta muovendo e la cablatura del Paese va avanti, nonostante i ritardi. Ma che, ora come non mai, occorre correre per non rimanere indietro in una delle partite più importanti per proiettare l’intero Paese nella nuova era digitale.
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video