Bombe a Monfalcone nella cassa di colmata: slittano i dragaggi

L’area per i fanghi, usata in passato per far brillare le bombe, ne ha restituite altre 4: urgente la bonifica

Tiziana Carpinelli
La cassa di colmata in zona Lisert dove sorgerà il “contenitore” dei sedimenti
La cassa di colmata in zona Lisert dove sorgerà il “contenitore” dei sedimenti

Un cimitero di bombe o, come l’ha definito la Regione, un «campo minato»? A conti fatti la risposta non sposta d’una virgola gli effetti principali dell’istantanea fotografata alla cassa di colmata da chi detiene la regia dell’escavo di Portorosega: serve una vagonata di quattrini pubblici per risolvere radicalmente il problema o l’approfondimento salta, cosa neppure da ponderare. E così l’assessore all’Ambiente della giunta Fedriga, Fabio Scoccimarro, le risorse le ha effettivamente cacciate fuori: 5,1 milioni di euro per procedere al “debombing” sistematico sull’area di ulteriori 250 mila metri quadrati che dovrà raccogliere i sedimenti e fare da pista della futura piastra logistica. L’operazione farà però slittare lo scavo vero e proprio, che si sarebbe già dovuto intraprendere a settembre, a fine 2025. Un altro anno di pazienza, per i traffici commerciali dello scalo.

L’ordigno recuperato a dicembre 2023
L’ordigno recuperato a dicembre 2023

La nuova posta è emersa sullo sfondo della due giorni di assestamento autunnale in Consiglio regionale e ha oltretutto avuto il merito di far affiorare le ultime (di una lunga serie) grane dei dragaggi, indubbiamente la più tribolata delle opere monfalconesi, attesa da un ventennio. Circostanze ch’erano rimaste fin qui sconosciute. In pratica il primo ordigno rinvenuto quasi un anno fa, il 22 dicembre 2023, vale a dire una granata della Grande Guerra da 100 millimetri, a presunto caricamento con aggressivo chimico, ha aperto il vaso di Pandora e sospeso il cantiere per consentire la bonifica bellica, su un’area di circa 50 mila metri quadrati, un sesto della cassa di colmata. S’è dovuta apportare una variante, approvata lo scorso maggio. E modificare il decreto di Via per consentire appunto i lavori fra marzo e settembre, unico periodo possibile a causa delle prescrizioni ambientali. Fumata bianca a fine luglio.

Le bombe rinvenute in cassa di colmata negli anni '80
Le bombe rinvenute in cassa di colmata negli anni '80

E qui l’ulteriore incidente di percorso: alla ripresa dei lavori, verso settembre, sono emersi altri quattro ordigni. Con un secondo stop necessario a rimuovere i residuati, protrattosi per due settimane, e il successivo riavvio in questa specifica area da 50 mila metri quadrati delle opere. L’anomalia dei ritrovamenti ha però sollevato dubbi. E così si è sondata la memoria, che vedeva fino a 10 anni fa il sito usato dagli artificieri per far brillare gli ordigni, non necessariamente o esclusivamente locali, di qui la percezione della cassa come di un «campo minato» e la necessità di procedere a un “debombing” sistematico, cioè con indagini magnetometriche spinte nel sottosuolo e la previsione d’una movimentazione di materiale a ogni rilievo, di tutta la rimanente area, che complessivamente si estende su 300 mila metri quadrati.

Si procederà dunque a una nuova variante. E, fa sapere la Regione, assessorato all’Ambiente, «senza stop, salvo quelli tecnici in caso di nuovi rinvenimenti». L’intervento sulla cassa di colmata richiederà nel suo complesso, dalle bonifiche alla creazione del maxi contenitore in cui riporre i sedimenti, 12 mesi, con start entro fine anno. Unica nota positiva: per quest’azione non ci saranno periodi di interruzioni a tutela dell’avifauna, come da precedente prescrizione nel decreto di Via che ora «la Commissione, su parere positivo di Arpa e Biodiversità, ha rimosso perché sono state realizzate barriere fonoassorbenti sull’argine, lato Sic». Cioè il ribattezzato “maxi separé”, studiato per non recar disturbo alla riproduzione dei volatili. L’attuale previsione, condizionata dal procedere della bonifica, è di iniziare il dragaggio vero e proprio entro ottobre 2025

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