Cara, di 12 milioni il passivo della Connecting people

Il debito verso dipendenti si aggira attorno ai 770mila euro. La Provincia attiva un tavolo di mediazione che già lunedì vedrà coinvolti la prefettura, i sindacati e la società che gestisce il centro gradiscano
Di Luigi Murciano
Bumbaca Gorizia 27.01.2015 Protesta dipendenti Cara Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 27.01.2015 Protesta dipendenti Cara Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GRADISCA. Continuano ad addensarsi nubi sul futuro dei lavoratori del Cara di Gradisca. L'ultima tappa di una telenovela infinita riguarda l'interruzione delle trattative per il rinnovo – per l'ultimo mese prima della sua definitiva scadenza - della cassa integrazione in deroga. Ieri le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Fisascat Cisl e UilFpl hanno comunicato a Luoghi Comuni, la coop collegata al consorzio Connecting People in cui sono inquadrati gli oltre 60 dipendenti del centro immigrati, la non volontà di sedersi al tavolo delle trattative. «Non vi sono i presupposti per un incontro - spiega Elisa Miani di Fisascat –. Avevamo chiesto già in data 10 aprile a Luoghi Comuni di poter accedere ai dati a consuntivo del monte ore, per conoscere l'effettivo utilizzo della Cassa in deroga e la turnazione dei dipendenti in questi mesi. A due giorni dall'incontro ci è stato risposto che quei dati sono di difficile reperimento, pur essendo in possesso dell'azienda, secondo le normative».

La mancata disponibilità di Luoghi Comuni – argomenta Miani – è l'ennesima dimostrazione che non si vogliono intraprendere relazioni industriali corrette, efficaci e rispettose della dignità dei lavoratori». Che, come si ricorderà, avanzano ancora 4 mensilità dall'azienda e temono per il proprio futuro se – come sembra - non dovesse esservi l'inserimento della clausola sociale per il loro riassorbimento nel nuovo bando di gara per la gestione del Cara.

Immediata, dopo la fumata nera, è partita un'azione della Provincia di Gorizia che – competente in materia lavoro per effetto della legge regionale 18 – intraprenderà un difficile ruolo di mediazione convocando un tavolo di concertazione fra Luoghi Comuni, Prefettura di Gorizia e sindacati. Il documento sarà firmato già lunedì mattina dal presidente Enrico Gherghetta. La delicatezza della situazione è attestata anche dalle cifre contenute nella proposta di concordato preventivo in continuità che Connecting People ha presentato nel luglio dello scorso anno al Tribunale di Trapani per scongiurare il fallimento, e per il quale appena poche settimane fa i tecnici del foro siciliano avevano effettuato un sopralluogo per inventariare i beni presenti.

Una relazione di una quarantina di pagine con il quale per la verità il commercialista catanese Giovanni Giuseppe Arpi definisce “attendibile”, “sostenibile”, “fattibile” e “coerente” il piano di rientro prospettato dall'azienda per soddisfare i numerosi creditori. A due condizioni: che Connecting People, che in questi anni ha gestito oltre a quello di Gradisca anche altri centri d'accoglienza nella penisola, «possa continuare la propria attività» e onorando i propri debiti «entro il 31 marzo 2020».

Il passivo concordatario accertato parla di 770mila euro di debiti nei confronti dei dipendenti, 2 milioni 533mila euro nei confronti di creditori privilegiati (i dipendenti) da saldare entro un anno dal concordato, e 8.993mila euro nei confronti di altri fornitori (creditori chirografari), per un totale di 12 milioni e 849mila euro, a fronte di circa 6 milioni di euro di crediti vantati da Connecting People.

Come può il consorzio trapanese risalire da questa grave situazione finanziaria? Secondo il concordato stesso «l'attivo liquidabile è insufficiente per offrire a tutti i creditori chirografari un pagamento significativo in denaro». Indi per cui, liquidati in primis i dipendenti, il piano di rientro prospetta di soddisfare i creditori restanti (le coop socie e i partner strategici) con la prassi della datio in solutum, cioè la sostituzione della prestazione originariamente dovuta con una di natura diversa, oppure offrendo loro le proprie quote associative. Un artifizio che non convince né i sindacati né l'assessore provinciale al Lavoro, Ilaria Cecot. Secondo loro, come in un gioco di scatole cinesi, «l'azienda individua come principali creditrici le proprie società satellite, mentre altre persone fisiche e fornitori che devono essere pagati sono posti all'ultimo gradino, e se andrà bene vedranno solamente il 10% del dovuto».

Come partner strategico, ad esempio, il concordato cita la sola ditta che fornisce i pasti al Cara, riconducibile alla stessa Connecting People. «Ci chiediamo – così Cecot e Miani – come lo Stato possa continuare a tenere in piedi la convenzione con un consorzio i cui crediti sono la metà dei debiti accumulati. Le normative sono farraginose, poco trasparenti e lasciano spazio a prassi poco ortodosse se non, e speriamo di sbagliarci, al malaffare. Tutto questo a discapito del territorio e dei suoi lavoratori».

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