«Casa Bartoli, agli anziani cibo scarso e scadente»

I parenti: situazione peggiorata. Grilli: mai giunte lamentele. La Cir-food è subentrata alla coop Basaglia dopo l’intossicazione di aprile: difficoltà iniziali che correggeremo
Cibi scarsi, poco variati e a volte persino immangiabili. Igiene discutibile. Assistenza insufficiente. Sono le criticità denunciate dai parenti degli ospiti di Casa Bartoli che, da qualche giorno, riscontrano un netto peggioramento nella qualità dei pasti serviti all’interno della struttura comunale.


Sotto accusa il cambio di gestione del servizio di ristorazione. Dal primo novembre, infatti, i pranzi e le cene non sono più confezionati dal personale dell’Itis, ma preparati direttamente nelle cucine di Casa Bartoli dagli addetti di un’azienda di Reggio Emilia, la «Cir-food». Azienda arrivata seconda nell’ultima gara e subentrata alla cooperativa Basaglia dopo la risoluzione del contratto decisa dal Comune con quest’ultima a seguito dell’intossicazione dello scorso aprile, costata la vita a due persone.


Proprio alla luce del drammatico precedente, i famigliari dei residenti della casa di riposo di via Marchesetti attendevano con ansia la conclusione della fase di transizione gestita dall’Itis, giudicata «qualitativamente decorosa, anche se non proprio ottimale», e la partenza a regime del nuovo servizio. «E invece siamo costretti a dire che si stava meglio quando si stava peggio - denuncia Fabio Crosilla, che quotidianamente assiste il padre ospitato a Casa Bartoli -. Le nostre speranze, infatti, si sono dissolte a pochi giorni dall’inizio della nuova gestione. Venerdì scorso, per esempio, ho assistito a una scena a dir poco sconcertante. Il pane distribuito non era sufficiente per tutte le persone sedute. In pratica, una parte non trascurabile dei commensali non ha avuto la possibilità di accompagnare il cibo con un tozzo di pane. Ci sono state lamentele, ma il personale non è stato in grado di recuperare la situazione».


Oltre che scarso, secondo i famigliari degli ospiti, il cibo nei vassoi è anche scadente. «Sempre l’altra sera è stata distribuita una minestra di legumi - continua Crosilla -. E gli ortaggi erano talmente duri che la maggior parte degli ospiti li ha sputati o li ha lasciati direttamente affogare nel brodo». «In nove giorni inoltre non mi sembra di aver mai visto servire la carne - aggiunge Fabio, figlio di un’altra ospite della struttura -. Di secondo c’è praticamente sempre e solo formaggio, peraltro non confezionato singolarmente, ma presentato in cartocci poco igienici. E la scelta è limitata a un paio di opzioni: o un formaggio a pasta dura, che la maggior parte delle persone fatica a mangiare, o gorgonzola, un alimento a mio parere non proprio adatto alla dieta di un anziano. Anche nei primi, del resto, la varietà è limitatissima: a cena o brodo o riso, quest’ultimo il più delle volte durissimo. Per non parlare poi del pranzo dell’altra domenica, tutto a base di patate: gnocchi, purè e patate al forno. Il servizio insomma è vergognoso - conclude -, specie se si pensa che le persone che vivono qui pagano una retta salata: circa 1600 euro al mese, cui si somma il contributo regionale di circa 500 euro».


A contrariare i parenti degli ospiti, inoltre, è il fatto che spesso i cibi indicati nel menu non corrispondano a quelli effettivamente portati in tavola. «Oggi (ieri ndr), ad esempio, erano previsti ravioli - racconta Franco Linassi -. Mio padre non vedeva l’ora di gustarseli. Invece si è ritrovato nel piatto del riso. Per fortuna è lucido e ci vede bene, e a fine pranzo si è accorto che alcuni inservienti rientravano in cucina con dei ravioli avanzati. Ha dovuto bloccarli e farsi mettere un po’ di tortelli nel piatto». «E non ci si venga a dire che i problemi sono legati alla fase di rodaggio - aggiunge la nuora di un’altra ospite -. Dovrebbe essere il contrario. Come si dice ”scova nova, scova ben”, giusto? Quindi se questa è la partenza chissà cosa accadrà in seguito. Per il momento io a mia suocera devo portare tutto da casa, dallo yogurt alla frutta».


Dure, infine, le critiche sul fronte del rispetto delle norme igienico-sanitarie e dell’assistenza alle persone. «L’acqua non viene più servita in bottigliette chiuse, come avveniva un tempo, ma in caraffe appoggiate in tavola - fanno notare ancora i parenti -. Il pane, poi, non viene distribuito con le pinze ma direttamente con le mani. E, aspetto ancora più preoccupante, il personale non segue gli ospiti non autosufficienti. Il cibo lasciato sul vassoio viene spesso portato via senza fare tante domande. Ma gli anziani a volte non mangiano non perché non hanno fame, ma perchè non sono in grado di portare il cucchiaio alla bocca».


Da parte sua la Cir-food, che prepara i pasti anche per Casa Serena e per il Gregoretti, riconosce l’esistenza di alcune criticità e annuncia correzioni di tiro a breve. «Non va dimenticato però che abbiamo dovuto riavviare la cucina di Casa Bartoli dopo una chiusura durata da mesi - spiega Andrea Zampiron, responsabile per il Nord Est -. E questo, inevitabilmente, ha creato delle difficoltà iniziali. Anche i menu, che comunque sono in linea con le griglie previste dal capitolato di gara, hanno effettivamente bisogno di essere ritoccati. Per questo martedì avremo un incontro con l’Azienda sanitaria per studiare possibili variazioni. Sul rispetto delle norme igieniche, posso però rassicurare i familiari: l’acqua nelle caraffe è microfiltrata e quindi sicura, mentre i formaggi non sono confezionati perché sono prodotti ”dop” da servire a taglio. A livello di personale, infine, ricordo che la Cir-food ha potenziato l’organico lasciato in eredità dalla cooperativa Basaglia, inserendo a Casa Bartoli quattro nuovi cuochi, oltre a un’esperta di alimentazione e addetti ai controlli».


Nessun dubbio sulla validità del servizio offerto dalla Cir, infine, dall’assessore comunale ai Servizi sociali Carlo Grilli. «Sono in continuo contatto con i responsabili di Casa Bartoli e non mi sono mai state segnalate lamentele - spiega -. Del resto l’azienda emiliana possiede tutti i requisiti previsti dalla gara d’appalto».
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