Casa Bartoli, il pm: omicidio colposo e epidemia
Si prepara a chiedere il rinvio a giudizio dei vertici della Cooperativa Basaglia e di due cuochi
di Claudio Ernè
di Claudio Ernè
Una pentola di seppie riscaldate lentamente a «bagnomaria». È questa l’origine dell’intossicazione alimentare che nello scorso aprile ha ucciso due anziani ospiti di «Casa Bartoli», ne ha spediti altri sette all’ospedale in gravi condizioni e ne ha costretti più di sessanta a letto per giorni e giorni con una devastante diarrea. Il pm Lucia Baldovin ha concluso le indagini che coinvolgono tra gli altri Roberto Colapietro, presidente della Cooperativa «Franco Basaglia» che gestiva il centro cottura di Casa Bartoli. Colapietro è indagato per omicidio colposo e per epidemia, cioè aver consentito la somministrazione di alimenti che hanno provocato l’avvelenamento degli anziani. Per anni e anni quest’ultimo reato non è mai stato contestato nelle aule del Tribunale di Trieste.
Assieme al presidente della cooperativa che aveva vinto l’appalto, sono coinvolte nell’inchiesta altre tre persone - cuochi e inservienti di cucina - che hanno partecipato direttamente alla preparazione del piatto di seppie che, secondo l’accusa, ha provocato il disastro. Se gli indagati lo riterranno opportuno si presenteranno dal magistrato inquirente. Poi il pm Lucia Baldovin deciderà sul rinvio a giudizio. Secondo le indagini dei carabinieri del Nas, le seppie sono state riscaldate a bagnomaria e il grande tegame che le conteneva è stato immerso in una pentola più grande ancora, piena d’acqua. Il riscaldamento è stato molto lento e questo tepore prolungato ha determinato l’abnorme crescita dei batteri killer del genere Clostridium che poi hanno ucciso Andrea Trapella e Sergio Tussini.
Se al contrario il pentolone con le seppie fosse stato direttamente posto sul fuoco, il riscaldamento sarebbe stato molto più veloce e il batterio non avrebbe avuto il tempo di riprodursi. Questo errore è stato fatale. Va aggiunto che la cooperativa «Franco Basaglia» aveva organizzato per i suoi dipendenti addetti alle cucine uno specifico corso nel settembre 2007. In quella sede erano state spiegate e rispiegate tutte le insidie insite nella preparazione dei cibi per le grandi comunità. Erano stati illustrati i metodi e le procedure da adottare, e quelle che invece andavano tassativamente scartate.
«L’incidente è stato bruttissimo e le morti dei due anziani ci hanno profondamente scosso. Da più di trent’anni lavoriamo in campo sociale e abbiamo spiegato sempre ai nostri soci e dipendenti che lavorano nelle comunità come vanno trattati gli alimenti. Siamo tutti rammaricati e costernati...» ha affermato ieri Roberto Colapietro.
La cooperativa, a causa di quanto è accaduto a Casa Bartoli, ha perso l’appalto ed è stata sostituita, per decisione del Comune dalla seconda classificata nella gara, la Cir-food. Questa società ha anche assunto una parte dei dipendenti della cooperativa «Franco Basaglia», evitando loro l’incubo della disoccupazione.
Il Clostridium, il batterio killer dei due anziani, vive nel suolo, nell’acqua, negli scarichi fognari e fa parte della normale flora batterica del tratto gastrointestinale dell’uomo. È stato spesso al centro delle tossinfenzioni alimentari sviluppatesi nelle comunità, negli alberghi, nelle caserme.
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