Casa Bartoli, sul batterio letale indagano i Nas
L’individuazione del batterio «Clostridium» ha segnato la svolta nell’inchiesta sulle sessantacinque intossicazioni e sulla morte di due ospiti della residenza comunale. Sarebbero in arrivo i primi avvisi di garanzia: si ipotizzerebbe il duplice omicidio colposo

Nell’inchiesta sull’intossicazione alimentare che nove giorni fa ha ucciso due anziani ospiti di Casa Bartoli, stanno indagando anche i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni di Udine. I militari si sono affiancati ai medici e ai biologi del Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria e a quelli dell’Arpa che su questo caso, il più grave degli ultimi trent’anni a Trieste, lavorano fin dal momento dei primi ricoveri e della prima morte.
L’entrata in scena dei Nas rappresenta un segno preciso che dopo l’individuazione del batterio killer responsabile dei due decessi e di almeno 65 intossicazioni di altri anziani, l’indagine è prossima alla conclusione. Sarebbero in arrivo i primi avvisi di garanzia. Nei prossimi giorni il pm Lucia Baldovin dovrebbe infatti annotare sul registro della Procura - modello 21 - i primi nomi degli indagati. Ipotesi di reato, duplice omicidio colposo e delitto colposo contro la salute pubblica.
La svolta dell’inchiesta è stata determinata dall’individuazione del batterio killer - il Clostridium perfringens - nei «terreni» in cui sono stati «coltivati» la scorsa settimana gli escrementi degli anziani intossicati e la pasta con sugo di pesce che era stata somministrata per la cena di venerdì 11 aprile agli ospiti di Casa Bartoli. Dei duecento anziani più di 65 sono stati colpiti da una fortissima gastroenterite; sette sono finiti negli ospedali cittadini e due sono morti. Si chiamavano Andrea Trapella e Sergio Trussini.
Gli esami di laboratorio giunti ora all’individuazione del batterio killer, ma non del punto e del modo in cui si è insinuato nella catena alimentare di Casa Bartoli, hanno coinvolto gli anziani ospiti, il personale, i campioni degli alimenti, i frigoriferi, le cucine e le modalità di distribuzione dei pasti: persino i contenitori e le posate.
Ieri l’Azienda sanitaria triestina ha diffuso un comunicato ufficiale in cui tra l’altro viene confermata - come aveva anticipato Il Piccolo nell’edizione di lunedì - «la presenza di Clostridium nelle coproculture e nella pasta». Le analisi microbiologiche comunque continuano per verificare l’origine dell’intossicazione. I prodotti usati dalla cooperativa Franco Basaglia, nelle ipotesi degli investigatori in camice bianco e in divisa nera, potrebbero essere stati contaminati all'origine, oppure potrebbero essere stati coinvolti in procedure non «corrette» nel corso della loro preparazione nelle cucine di Casa Bartoli.
Il batterio si sviluppa nella arco delle temperature comprese tra i 15 e i 50 gradi centigradi. Ma la crescita maggiore si verifica tra i 43 e i 45 gradi. Per evitare la sua proliferazione - secondo i testi di Igiene - i cibi dopo essere stati cotti dovrebbero essere conservati a temperature inferiori ai 10 gradi oppure superiori a 70. Per evitare il contagio da Clostridium perfringens è importante mantenere la cucina in ottimo stato di pulizia, cuocere bene i cibi e somministrali entro 30 minuti dalla cottura. E sul rispetto di questi «dettagli» non secondari, stanno indagando i carabinieri dei Nas.
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