Casini: «No ai depistaggi su Regeni, per il decoro dell’Italia»

Il presidente della commissione Affari Esteri: «Il Cairo ci ha propinato qualche goffa ricostruzione che non possiamo accettare. Ora devono scusarsi»
Egyptian President Ahmed Fattah Al Sisi talks with Greek Prime Minister Alexis Tsipras and Cypriot President Nicos Anastasiades during a trilateral meeting in Athens, Greece, 09 December 2015. Egyptian President Abdel Fattah el-Sisi's official visit to Greece and the trilateral meeting of Greece-Cyprus and Egypt scheduled held on 9th December, are part of the three countries' broader strategy to strenghten the relations with countries-traditionally partners in the region. EPA/SIMELA PANTZARTZI
Egyptian President Ahmed Fattah Al Sisi talks with Greek Prime Minister Alexis Tsipras and Cypriot President Nicos Anastasiades during a trilateral meeting in Athens, Greece, 09 December 2015. Egyptian President Abdel Fattah el-Sisi's official visit to Greece and the trilateral meeting of Greece-Cyprus and Egypt scheduled held on 9th December, are part of the three countries' broader strategy to strenghten the relations with countries-traditionally partners in the region. EPA/SIMELA PANTZARTZI

TRIESTE. Le ragioni della giustizia devono prevalere sulle ragioni di Stato. Dobbiamo lavorare per questo, insiste Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato.

A Tunisi con una delegazione parlamentare, proprio nel giorno in cui l'assemblea legislativa di quel paese votava una legge contro la tortura, dopo aver incontrato il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi, Casini premette di non essere informato nel dettaglio delle dichiarazioni di Paolo e Claudia, i genitori di Giulio Regeni, il ricercatore trovato morto al Cairo lo scorso 3 febbraio, ma interviene ugualmente su un caso «ancora tutto da chiarire» auspicando che alle «goffe ricostruzioni» egiziane faccia seguito un «percorso di verità».

La mamma di Regeni: "Riconosciuto Giulio solo da punta del naso"

Papà e mamma di Giulio hanno raccontato la loro esigenza di verità. Rischiano di vederla sacrificata sull'altare della realpolitik?

Stiamo aiutando l'Egitto nella cooperazione economica e commerciale. E siamo impegnati insieme nella lotta al terrorismo. Verità di comodo su Giulio Regeni, anche per questo, non possono esistere. Di certo noi non le accetteremo.

Finora sono arrivate solo quelle?

Sono arrivate continue prese in giro. L'Egitto ha per ora balbettato, ha pensato di propinarci, anche attraverso goffe ricostruzioni, una verità che non stava in piedi, quella di un omicidio provocato da una banda criminale locale. Certo, probabilmente è in atto un conflitto tra i loro apparati statali. Nella lotta al terrorismo che stanno portando avanti si mescolano metodi legali e illegali. Ma noi, la verità su quello che è realmente successo, la pretendiamo.

Quello tra le ragioni della giustizia e le ragioni di Stato è uno scontro?

Non lo può essere. Non in questa vicenda. Il cinismo di Stato esiste, non lo scopriamo oggi, perché è la storia che lo insegna.

Ma ci sono dei confini che non possono essere superati. Quali sono questi confini?

Il rispetto della dignità e del decoro nazionali. In questo caso la verità su Regeni.

Come può prevalere la ragione della giustizia?

Deve prevalere in qualche modo. Siamo impegnati a evitare che non venga prima la realpolitik. È lo stesso presidente egiziano Al Sisi che deve comprendere che per la sua credibilità internazionale è necessario che ci arrivino, prima possibile, risposte veritiere. Il nostro spingere nella direzione della verità non può che andare di pari passo con l'interesse egiziano.

Ce la farà l'Egitto ad ammettere una verità scomoda?

Tutto il mondo li sta guardando, devono capire che non si può minimizzare. È meglio che gli egiziani accettino di scusarsi piuttosto che prenderci in giro con versioni che non possiamo accettare.

Il governo italiano ha agito sin qui al meglio?

Si è comportato benissimo in questi due mesi. Adesso non deve mollare. Saremo vigili perché non ci sia una frenata.

Che cosa si deve fare in questo momento?

Aspetterei che durante l'incontro del 5 aprile tra la polizia di Roma e quella del Cairo le autorità egiziane ci dicano qualcosa di concreto, qualcosa di serio. Sono a rischio le relazioni bilaterali tra Italia e Egitto? Questo mi pare mettere il carro davanti ai buoi. Aspettiamo che dall'incontro d'inizio aprile emerga qualcosa, poi decideremo.

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