Caso Lisini, un giallo ancora senza fine

TRIESTE È la sesta richiesta di archiviazione. L’istanza è stata presentata dal pm del Tribunale di Trieste, Maddalena Chergia. Notificata ai legali, gli avvocati Luciano Sampietro e Giovanni Di Lullo, che stanno preparando gli atti per proporre opposizione. Il processo non è mai partito, sulla scorta di elementi ritenuti insufficienti da parte degli inquirenti al fine di proseguire nelle indagini.
E il passare del tempo, i fatti risalgono al luglio 2007, non gioca certo a favore. I legali hanno portato all’attenzione perplessità e incongruenze, volti a confutare ciò che è stato ritenuto un omicidio-suicidio. Si tratta della morte del pianista triestino Massimiliano Lisini, 41 anni, e della ballerina ceca Andrea Dittmerova, 23. Il pianista fu trovato morto nei pressi di Monte Grisa, asfissiato all’interno di un’auto presa in prestito dalla sorella dell’amico e socio Massimiliano Campisi. Addosso il costume e sandali da bagno. Nella sua abitazione in piazzale Capolino, i carabinieri rinvennero la ballerina riversa sul letto in avanzato stato di decomposizione. Il gas era aperto, le finestre sigillate. La giovane era arrivata a Trieste dalla Repubblica Ceca nel 2007 attraverso Campisi, all’epoca gestore di una palestra a Opicina, ma faceva anche da tramite tra le ballerine dell’Est Europa e i night sloveni. La 23enne aveva trovato ospitalità a casa di Lisini. Una storia complessa. Anche perché c’è un’altra morte di mezzo. Quella del fratello di Massimiliano, Alessandro, trovato impiccato due anni prima, nell’aprile 2005, alla ringhiera esterna di una villetta in viale Cosulich, a Monfalcone. Caso archiviato come suicidio.
Campisi è tuttora indagato per omicidio volontario, imputazione coatta innescata dalle opposizioni dei legali, gli avvocati Sampietro che rappresenta la madre della ballerina Bozena Janoskova, e Di Lullo che sostiene la difesa della madre del pianista, Mafalda Orel, residente a Monfalcone. E per la sesta volta i difensori ripresenteranno opposizione all’archiviazione nell’ennesimo tentativo di fare chiarezza sulla vicenda e che finora ha comunque visto accogliere le motivazioni dei legali da parte del giudice.
La madre di Massimiliano e Alessandro Lisini, Mafalda Orel, non ha mai creduto che i suoi figli si fossero suicidati. Continua a chiedere giustizia. Per la pubblica accusa le indagini hanno fatto il loro corso. Il rincorrersi di posizioni, interpretazioni e valutazioni diversificate.
Con i due eventi, il suicidio di Alessandro nel 2005 e l’omicidio-suicidio del 2007 di fatto mai “interfacciati” tra le Procure di Trieste e Gorizia. Eventi drammatici, ma nessuna prova a rimettere in discussione gli elementi.
Tutto in un alternarsi di “stop and go”, mantenendo “appeso” un caso che a oltre dieci anni di distanza ripropone la stessa istanza di archiviazione. Tanti dubbi, ombre sui quali i legali Sampietro e Di Lullo hanno insistito nello scandagliare una vera e propria indagine difensiva e che ora si preparano a riproporre opposizione all’archiviazione..
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo