Centrare un bersaglio senza poterlo vedere: la sfida di Antonella, oro nel tiro con l’arco

Brezzi è ipovedente e ha vinto il campionato italiano paralimpico. Canta e fa arti marziali: «Mai porsi limiti, con la volontà si fa tutto»
Elisa Coloni

TRIESTE Afferrare un arco. Prendere la mira. Tirare, e centrare il bersaglio. E fare tutto questo - qui viene il difficile - senza vedere. Impossibile? No, perché a Trieste c’è una persona che ci riesce e si chiama Antonella Brezzi. È non vedente ed è campionessa italiana di tiro con l’arco paralimpico. Alcune settimane fa a Reggio Calabria, nella categoria “Visually Impaired 1”, Brezzi, assistita dal suo istruttore Virgilio Fontanone, ha consolidato dalla distanza di tiro di 18 metri il punteggio di 343 punti, conquistando il suo primo oro italiano nel Fitarco para archery. «Si usa un mirino tattile», spiega l’atleta triestina, «e c’è il supporto dell’istruttore», aggiunge; ma non cambia molto, perché di fatto la cosa resta stupefacente.

Brezzi è l’unico arciere non vedente in regione, ma la sua voglia di infrangere muri e sbriciolare stereotipi non si ferma qui, perché nel suo curriculum, oltre a lavorare come impiegata da 32 anni in Area Science Park, si annoverano anche attività come il Jiu-jitsu brasiliano (un’arte marziale) e il canto da semiprofessionista in giro per l’Italia. Passioni, queste ultime due, che l’hanno impegnata molto, ma che negli ultimissimi anni ha messo (temporaneamente) da parte, per dedicarsi anima e corpo all’amato tiro con l’arco.

Vicino a lei, il marito Stefano, al suo fianco da cinque anni, e il cane Bree, adorata meticcia di quattro anni, «che alla fine si è dimostrata troppo timida e spaventata per fare da cane guida, così fa da cane e basta, e la amiamo lo stesso», scherza divertita Antonella.

Cinquant’anni, triestina, appassionata di basket e tifosa della Pallacanestro Trieste, Brezzi è ipovedente dalla nascita. Condizione difficilissima, quasi scontato dirlo, ma che ha deciso di prendere di petto, governandola. «Non mi pongo limiti - racconta -: quello che voglio e posso fare, faccio, niente di più. Non ho mai considerato la mia condizione come un freno alle mie passioni. Certo, non posso guidare la macchina e alcune azioni mi sono precluse, ma ce ne sono altre, basta scegliere quelle giuste».

Antonella è allegra, sorridente. È un’entusiasta. La descrive bene il marito, che l’aveva conosciuta molti anni fa in un’associazione di non vedenti dove prestava servizio come volontario, per poi ritrovarla anni dopo, innamorarsene e sposarla. «Grazie alla mia esperienza nel volontariato - racconta Stefano Rupena - ho imparato che ci sono due modi diversi di vivere la cecità. O ci si arrende o si lotta, con entusiasmo, con caparbietà. Antonella appartiene a questa seconda categoria: sa mettersi sempre in gioco, ha un entusiasmo incontenibile, un’energia inarrestabile, tanto che ha convinto pure me ad avvicinarmi al tiro con l’arco, disciplina che pratico da qualche tempo».

Antonella e Stefano sono tesserati con due società diverse. Lei con la Compagnia Arcieri Trieste (presieduta dallo stesso istruttore Virgilio Fontanone) dove si è iscritta nel 2017, allenandosi (pandemia permettendo) 2 o 3 volte alla settimana nella sede di Rozzol Melara o, quando possibile, all’aperto, a Basovizza. «Ho scelto questo sport - racconta - perché volevo iniziare qualcosa di diverso dalle tradizionali discipline per non vedenti. E me ne sono innamorata». Al punto di diventare, appunto, medaglia d’oro ai campionati italiani di tiro con l’arco.

I prossimi obiettivi sportivi, racconta Brezzi, sono tanti e l’arco resta, ovviamente, in cima alla lista. Ma i desideri sono molti e le sfide, anche un po’ fuori dal comune, non finiscono qui. Tra gli obiettivi di Antonella, infatti, ora c’è la mongolfiera: «Ce l’ho in testa da tempo e - conclude - sono certa che ci salirò presto. Sarà qualcosa di nuovo da provare». 

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