Chiude il negozio di H&M di Gorizia: 12 persone a casa

GORIZIA H&M di corso Verdi alza bandiera bianca, a 5 anni dall’apertura. L’emergenza coronavirus, diventata ben presto emergenza economica, sta presentando il conto. La dead line è fissata per l’8 novembre, 12 i dipendenti a casa. A rendere noto questo sviluppo, pesante in una città in difficoltà conclamata nel campo commerciale, è la UilTucs. Non è l’unico negozio che “salta”. I primi tre store che non riapriranno, dopo la fase da Covid 19, sono due a Milano e uno a Udine. Gli altri negozi interessati dalla chiusura prevista tra agosto e novembre sono quelli Grosseto, Gorizia e due a Vicenza. Il totale complessivo delle unità in esubero è 145 così suddivise: 39 part time, 62 full time, 10 tempi determinati e 34 lavoratori a chiamata per i quali il sindacato aveva già contestato l’utilizzo definito «improprio» della tipologia stessa. «Il metodo adottato dall’azienda non è conforme a una buona prassi di corrette relazioni sindacali – scrive UilTucs –. Infatti, l’azienda nemmeno nell’ultimo incontro aveva comunicato ai sindacati la chiusura dei negozi. A detta dell’azienda, la decisione di chiudere i sette punti vendita H&M è stata assunta dalla casa madre svedese, affermando che tale scelta si ritiene indispensabile per la continuità degli altri 172 punti vendita. Tale dichiarazione evidenzia che i suddetti negozi erano già soggetti a verifica, senza aver mai informato le organizzazioni sindacali. Pertanto, riteniamo irresponsabile l’atteggiamento assunto dai vertici aziendali».
Il sindaco Rodolfo Ziberna teme per la tenuta complessiva del tessuto commerciale, artigianale e ristorativo. «C’erano scricchiolii da tempo perché la crisi di colossi internazionali dell’abbigliamento, come H&M e Zara, per citare i più conosciuti, è antecedente al coronavirus e dipende da molteplici fattori collegati a scelte aziendali discutibili, piuttosto che all’evoluzione del mercato. Detto questo, ed esprimendo dispiacere per le perdite di posti di lavoro, la preoccupazione, oggi, non è per la chiusura di un singolo punto vendita ma è più ampia. Ci sono realtà che non riapriranno perché, con le nuove disposizioni e il conseguente dimezzamento, se non peggio, della clientela, non riuscirebbero neppure a coprire le spese. Figurarsi a guadagnare. E non bastano prestiti bancari, elargiti come elemosina, a risollevare la situazione. C’è la necessità di un piano nazionale di supporto e di rilancio del commercio e del turismo che aiuti professionisti nuovi e vecchi del settore ad adeguare strutture e sistemi di vendita alla nuova realtà che sta venendo avanti. È necessario che istituzioni, categorie economiche ed esperti di marketing e di e-commerce si confrontino per superare le visioni tradizionali del mercato e trasformare in opportunità questo tsunami che ci è arrivato addosso».
Conclude Ziberna: «A Gorizia, oltre ad aver deciso di azzerare molte tasse e di attuare provvedimenti che possano far girare almeno un po’ l’economia, stiamo ragionando, insieme ad Ascom, Confartigianato e altre realtà, sulla possibilità di valorizzare l’esperienza di vendita a domicilio e online dei nostri commercianti creando qualcosa di più strutturato. Ma è fondamentale, come dicevo, un piano nazionale di supporto che oggi mi sembra ben lungi dall’esserci». —
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