Condannato a 8 mesi di carcere per il Taser nell’auto

Fermato al Lisert dalla Polizia, durante il controllo dell’auto, una Volvo con targa elvetica, erano stati rivenuti attrezzature come un coltello a serramanico, un martello, un cacciavite, oltreché orologi, anelli, monili presumibilmente d’oro, medagliette con raffigurazioni ebraiche, nonché 11 cellulari Blackberry. Compreso un Taser da 80 mila volt, trovato all’interno dell’abitacolo. Tutto materiale sequestrato. Ma se circa gli oggetti riconducibili a un’eventuale ricettazione il gip del Tribunale di Gorizia aveva disposto l’archiviazione, accogliendo la richiesta dello stesso pubblico ministero, in base alle verifiche eseguite dagli inquirenti circa i beni, per l’uomo era stata invece disposta la citazione diretta a giudizio in ordine al Taser e le attrezzature.
Lunedì Dzemal Omerovic, bosniaco di 42 anni, è stato condannato dal giudice monocratico Fabrizia De Vincenzi, a 8 mesi di arresto e a 1.400 euro di ammenda. L’accusa è di porto d’arma non autorizzata del Taser e delle attrezzature, ritenute «chiaramente utilizzabili per l’offesa alla persona». Il pm Paolo Ancora, aveva richiesto un anno e due mesi di arresto e 2 mila euro di ammenda, oltre alla confisca del Taser e delle attrezzature, destinate alla distruzione.
Durante l’udienza è stato chiamato a testimoniare uno dei poliziotti, capopattuglia, che aveva eseguito il controllo, quel 30 maro 2016, al Lisert. Il teste ha spiegato che la Polizia era in attesa dell’arrivo dell’uomo in virtù di una segnalazione del Centro operativo autostradale di Udine, messo al corrente dalle autorità del cantone di Ginevra, che erano alla ricerca dei componenti di una banda ritenuta responsabile di una decina di furti nel 2015. Il poliziotto ha quindi elencato il materiale rinvenuto nel bagagliaio e nell’abitacolo, quindi il Taser in questione, considerata un’arma, per il quale peraltro il bosniaco non aveva fornito alcuna spiegazione. Il difensore d’ufficio, avvocato Flavio Samar, nell’ambito della sua arringa, facendo riferimento a sentenze di Cassazione, ha sostanzialmente spiegato la diversità tra il Taser, il cui funzionamento consiste nel lancio di aculei d’acciaio che si conficcano nella pelle della persona presa di mira, considerata effettivamente un’arma, ed una sorta “dissuasore” elettrico, cosiddetto “Stun Gun”, che innesca la scarica solo a contatto del soggetto da colpire, ritenuto dal legale l’oggetto trovato nella Volvo. In questo caso la scarica interferisce sul sistema nervoso centrale e periferico, bloccando ogni comando elettrico fisiologico. E lo “Stun Gun”, ha continuato il difensore, non è un’arma, ma un “dissuasore” per difesa personale, tanto che è di libera vendita. L’avvocato Samar ha quindi richiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato, per mancanza di soggettività dello stesso, ed in seconda battuta una riduzione della pena.
Le autorità inquirenti ginevrine avevano peraltro richiesto la trasmissione in Svizzera degli atti, nonché dei beni preziosi che erano stati posti sotto sequestro dalla Procura goriziana, poiché il bosniaco era indagato in relazione a uno dei furti avvenuti nel cantone di Ginevra l’anno precedente. La Stradale di Gorizia nel settembre 2016, aveva comunicato all’autorità giudiziaria isontina che le indagini non avevano portato a risultati utili all’accertamento della proprietà dei beni preziosi. Il pm Ancora nell’aprile 2017 aveva quindi richiesto l’archiviazione in ordine al reato di ricettazione, che il gip aveva accolto disponendone la restituzione al 42enne. Nulla pertanto è stato trasmesso alle autorità inquirenti ginevrine, in mancanza dei presupposti circa l’illecito contestato. A margine dell’udienza, l’avvocato Samar ha affermato di riservarsi l’impugnazione della sentenza: «Non c’è colpa da parte del mio assistito, uno straniero in transito in Italia, che non poteva conoscere la legge italiana». —
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