Cormons, chiuse dopo 80 anni le fornaci
CORMONS. Gli ultimi due impiegati hanno chiuso gli uffici e Il pesante cancello di ferro, al quale hanno messo i lucchetti. Sull’ampio piazzale, lungo la strada regionale 56, sono rimasti pochi mattoni, avvolti nel cellophane, gli unici rimasti invenduti, testimoni di una realtà imprenditoriale che non c’è più.
Si chiude così l’attività delle Fornaci Giuliane dopo ottant’anni di storia. Una fine già segnata quando due anni fa la società aveva deciso di chiudere i battenti: chiuso i forni, era cessata la produzione di mattoni. L’azienda ha cominciato a vendere i macchinari ed ha affittato a un’altra società, le Fornaci di Manzano, la cava di argilla nelle colline di Bosc di Sot.
I 25 dipendenti erano stati messi in cassa integrazione, terminata proprio in questi giorni. La maggior parte è andata in pensione o ha trovato altro lavoro; ne sono rimasti 12, quasi tutti cinquantenni, messi in mobilità, l’ultimo ammortizzatore sociale prima del licenziamento.
Una crisi iniziata più di cinque anni fa quando il fatturato ha cominciato vistosamente a calare. Poi il crollo. In tre anni, dal 2008 al 2011 il fatturato è passato dai 10 milioni di euro a poco più di due lasciando alla società poco spazio di manovra. A pesare come un macigno sull’azienda è stata la crisi del settore dell’edilizia e delle costruzioni, che ha subito un ridimensionato in termini di giro d’affari complessivo pari al 50%. Una crisi dalla quale il settore non è ancora uscito.
Le Fornaci Giuliane hanno cercato varie strade per cercare di tamponare l’emorragia tagliando drasticamente i prezzi dei prodotti, arrivando al limite del sottocosto pur di piazzare i laterizi sul mercato, con l’obiettivo di generare quel minimo flusso di cassa necessario a far fronte alle spese operative, nell’attesa che la tormenta passasse. Tutto è stato inutile. La tormenta non solo è cessata, ma è aumentata di intensità. A chiusura del bilancio 2010, con i ricavi cinque volte inferiori a quelli fatti segnare non più tardi dei tre anni precedenti, all’azienda non restava che una sola decisione da prendere: cessare la produzione. In precedenza era già stata chiusa la fabbrica di Sagrado, dove si producevano in modo particolare le tavelle, concentrando l’attività nel sito cormonese.
In questi due anni, mentre i lavoratori hanno goduto della cassa integrazione, l’attività delle Fornaci Giuliane si è limitata alla vendita dei bancali di mattoni che erano stati accatastati sul piazzale, mentre all’interno dello stabilimento venivano smantellati i macchinari e venduti ad altre società del settore. Svuotato il piazzale, finita la cassa integrazione, le fornaci sono ora solamente una storia passata. Come la vicina Vriz, che i battenti li ha chiusi alcuni decenni fa.
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