Così gli austriaci si preparavano a Caporetto nella galleria del Predil

TRIESTE. Una galleria lunga cinque chilometri corre sotto il passo del Predil e collega nelle viscere della terra la miniera dismessa di Raibl con il paese di Bretto, posto nell’alta valle dell’Isonzo, in territorio ora sloveno. Questa galleria ha avuto un’enorme importanza strategica perché nell’autunno del 1917 ha consentito alle truppe degli Imperi centrali di preparare in gran segreto l’offensiva che a partire dal 24 ottobre travolse le truppe italiane a Caporetto. In questo tunnel nelle settimane che precedettero lo sfondamento del fronte dell’Alto Isonzo lo Stato maggiore austriaco riuscì a far transitare 270 mila soldati a bordo di 22 mila treni elettrici a scartamento ridotto, o meglio decauville. Tutto accadde senza che i vertici dell’esercito di Vittorio Emanuele terzo e i Servizi informativi italiani sospettassero alcunché. Della galleria al cui interno negli anni della Guerra fredda i carabinieri avevano istituito un posto di confine in cui controllavano i movimenti dei minatori sloveni provenienti o diretti a casa dopo aver lavorato nella miniera italiana, oggi è visitabile anche se nessuno dal 1991, l’anno in cui fu messa la parola fine all’estrazione di minerale di piombo e zinco, l’usa più né come tragitto di lavoro o peggio di guerra.
Questa galleria e il suo passato ruolo economico e militare, rappresentano uno dei “punti forti” della mostra allestita all’interno della Centrale idrodinamica del Porto Vecchio, una mostra dedicata alla miniera, a chi vi ha lavorato per anni e anni e al paese di Cave del Predil, posto lungo la valle del Rio del Lago, a 900 metri di quota. Lì perché non vada dispersa la memoria dei sacrifici delle migliaia di minatori che hanno lavorato in galleria a 9 gradi di temperatura e con il 99 per cento di umidità, è stato realizzato un museo, una sezione del quale per alcuni mesi sarà visitabile a Trieste.
Oltre alle memorie dei minatori, il pubblico potrà conoscere gli strumenti di lavoro usati per l’attività estrattiva e la complessa macchina che consentiva la “coltivazione” dei filoni di minerale: la Centrale idroelettrica di Muda, la centrale termoelettrica di Bretto mossa da motori diesel, i nastri trasportatori, i montacarichi, le tramogge, i carrelli di decauville con le relative motrici elettriche. Della teleferica lunga dieci chilometri che collegava Cave del Predil con la stazione ferroviaria di Tarvisio trasportando il materiale estratto, restano invece solo le immagini fotografiche. Le due centrali elettriche la prima delle quali entrata in funzione nel 1898, accomunano questa struttura industriale posta nel cuore delle Alpi Giulie, alla centrale idrodinamica del Porto vecchio che consentì il movimento delle sue 187 gru ad acqua a partire dal 1890. Entrambe i siti entrano a pieno titolo in quella che viene definita “archeologia industriale”.
Dell’origine della miniera si sa poco. Certo è che i piani più antichi di coltivazione risalgono al 1700. Nell’Ottocento inizia un tumultuoso sviluppo propiziato dall’autorizzazione a coltivare le zone inferiori del giacimento. Nel 1917, in piena guerra la produzione di minerale raggiunge due risultati significativi:15 mila tonnellate di minerale di zinco e 1200 di piombo, necessario alle pallottole dei fucili e delle mitragliatrici.
Claudio Ernè
Riproduzione riservata © Il Piccolo