Crescono i bocciati tra i dislessici E scatta il ricorso

L’Aid denuncia la mancata applicazione della legge di tutela La replica: «La promozione non è un diritto, serve impegno»
La crisi degli studenti triestini affetti da dislessia, alle prese con picchi di bocciature scolastiche e, in alcuni casi-limite, tentativi di autolesionismo: la “Settimana della dislessia” – campagna di sensibilizzazione su scala nazionale archiviatasi domenica scorsa e legata ai temi che ruotano attorno al termine Dsa (Disturbi specifici nell’apprendimento) – ha portato alla luce la situazione in atto a Trieste da qualche anno. E in particolare dopo il varo della legge 170 del 2010, con cui sono state fissate le linee guida in materia di Dsa, in chiave di diagnostica e di tutela in campo scolastico, con la disposizione di metodologie e supporti didattici personalizzati a favore dei soggetti con problematiche specifiche, quali la disortografia (disturbo della scrittura nelle competenze ortografiche e fonografiche) la discalculia (calcolo) o la disgrafia (altro ramo della scrittura a rischio).


La legge dunque esiste ma l’applicazione latiterebbe in diverse sedi scolastiche della provincia. Questa l’accusa formulata a chiare lettere dalla costola triestina dell’Aid, Associazione italiana dislessia, sorta nel 2005 all’interno dell’ospedale infantile Burlo Garofolo e inizialmente curata dalla specialista Isabella Lonciari.


L’appello è (ri)emerso al termine della “Settimana” nazionale ed è stato portato avanti da Erica Sirotich, dallo scorso anno presidente dell’Aid Trieste, ospitata al primo piano di viale XX Settembre, 24: «È difficile ottenere dei numeri certi, ma di sicuro ci sono tanti, troppi studenti con disturbi dell’apprendimento bocciati a Trieste tra scuole medie e istituti superiori – tuona il vertice triestino dell’Aid –. È una situazione che ha portato anche a un ricorso al Tar. Noi crediamo che le linee guida della legge 170 in alcuni casi non siano state rispettate nella maniera giusta – ha aggiunto – e che diversi insegnanti non siano del tutto formati o attenti alle norme indicate. In attesa del verdetto del Tar puntiamo a ribadire una delibera regionale del 2014 e a rinforzare le norme esistenti».


Già, ma come fare a potenziare l’attuale legislazione? «Ad esempio imponendo delle severe sanzioni per le scuole che non osservano le linee della legge 170 – ha sottolineato Sirotich –. Questo al momento non sussiste, ma crediamo sia una circostanza che possa incidere molto».


Stando alle cifre emerse nell’ambito della “Settimana nazionale della dislessia” a essere colpito dai Dsa sarebbe oltre il 3% dei bimbi in età scolare (una media di uno per ogni classe), numeri che sarebbero in aumento anche a Trieste. Un problema che coinvolge anche inevitabilmente i genitori.


Emerge un ulteriore quesito: alla base delle tante bocciature degli studenti dislessici triestini si può parlare di una effettiva “fragilità” del supporto previsto dalla 170 oppure si tratta della classica impreparazione scolastica?


Uno spunto su cui è intervenuta Marina Reppini, dirigente dell’istituto comprensivo “Italo Svevo”, dove si sono registrate un paio di bocciature, anzi, secondo i termini ufficiali scolastici, di “studenti fermati”: «In effetti il numero dei fermati è in aumento – ha confermato la dirigente –. Va tuttavia sottolineato che la certificazione Dsa non conferisce il diritto automatico alla promozione, ma deve sempre sussistere la chiave dell’impegno e dello studio comune. Da parte nostra crediamo di aver ben applicato le linee guida imposte dalla legge, che tra l’altro è un obbligo, ma cerchiamo anche di fare di più, tanto che abbiamo istituito uno sportello d’ascolto. Anche in questo caso – ha aggiunto la preside Reppini – è bene che le famiglie sappiano di non essere mai sole».


Dall’altra parte della barricata arriva il commento di Anna Z. mamma di una delle “fermate” all’esame di licenza media: «Non ne ho voluto farne un dramma e non abbiamo fatto ricorso al Tar, anche perché non potevamo permettercelo – ha premesso il genitore –, però mia figlia ha preso molto male la cosa, si sente vittima di una profonda ingiustizia. Dopo essere stata ammessa, forse la bocciatura a quel punto si è rivelata una cattiveria del tutto gratuita ed evitabile, alla luce anche della forte emotività di certi soggetti durante un esame».


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