Cuori perduti nel pozzo di Marcinelle

Storie di emigrazione, storie di popoli in difficoltà che pagano le scelte dei grandi della Terra. Correva l’anno 1956, ma le tematiche, almeno alcune, sono le stesse del 2013. Ecco perché “Cuori nel pozzo. Belgio 1956”, volume di Roberta Sorgato protagonista del decimo appuntamento de “Il Giovedì del Libro” in Biblioteca, è un libro più attuale di quanto dica il titolo. Racconta la storia, durissima, degli emigrati italiani che in quegli anni di povertà post seconda guerra mondiale partivano per cercarsi un futuro di vita nelle miniere di carbone del Belgio, un futuro di vita che per qualcuno, molti, diventò un futuro di morte. Il 1956 fu l’anno del disastro di Marcinelle. «Non ho mai conosciuto mio padre, fu uno dei tanti morti dentro il pozzo – ha raccontato l’autrice, che solo un paio di settimane fa è tornata in Belgio, nel luogo natio, per la prima volta – con questo libro ho voluto ritrovare le mie origini e allo stesso tempo rimettere l’uomo, e il suo cuore, al centro di vicende che sono state trattate essenzialmente da storici e sociologi». «C’è qualcosa di epico nel romanzo della Sorgato, che è sia storia personale che romanzo storico – ha detto l’assessore alla Cultura Paola Benes che ha dialogato con l’autrice – perché sono storie di singole persone che formano la storia di un popolo. Certi episodi, e penso alle scarpe di vernice di Angelina (la mamma della Sorgato, ndr) mi hanno riportato alla mente Lampedusa, segno che ci sono ancora tante persone che migrano alla ricerca di un mondo migliore». Anche il sottotitolo del volume, “Uomini in cambio di carbone”, va raccontato: «De Gasperi firmò un contratto con il governo belga – ha ricordato l’autrice – l’Italia poté acquistare carbone a un prezzo concordato in cambio dell’invio di braccia, e quelle venete e friulane erano le più richieste. Uomini in cambio di carbone, dunque: in questo senso dico che è sempre la gente comune che paga le scelte dei grandi». Tanti spunti di riflessione emergono da “Cuori nel pozzo”, non ultimo quello del valore dell’italianità: «Dialetti e origini non dividevano minatori e famiglie – chiude Sorgato – c’era fratellanza. Il senso di appartenenza all’Italia, purtroppo, si comprende solo da emigrati, in situazioni come quella».
Michele Neri
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